Come poter riassumere un’esperienza visiva come quella di “The Artist”? Semplice, in realtà, con una descrizione, una che rimandi a una reminiscenza a tratti terrificante…
“The Artist” allunga la mano verso il cuore di uno spettatore, preme su esso fino a strapparlo via dal petto. Ci gioca, forse sadicamente, facendolo sobbalzare dinanzi ai nostri occhi con mal celato distacco e una freddezza apparente. Non possiamo che giacere lì inermi, impossibilitati anche solo ad azzardare alcuna reazione. Vorremo urlare, implorarlo di smetterla ma non fuoriesce alcun suono dalla nostra bocca. Siamo prigionieri di un mondo silenzioso come lo sono i protagonisti. Per loro, però, è la naturalezza, per noi, invece, la particolarità di una visione del tutto nuova. Perché “The Artist” non è solo un inno al cinema muto, non è un’ode a un genere oramai superato; “The Artist” è il passato che divora il moderno fino ad inglobarlo con voracità, trasfigurando l’anima di uno spettatore nel proprio “banchetto emozionale”.
E solo al termine di questa esperienza, quando George e Peppy riprendono a ballare nel “grigiore” di un’immagine in bianco e nero, tu, spettatore incosciente come il sottoscritto che compone questi passi, ti senti realmente libero di poter recuperare quel cuore e riportarlo al suo posto, lì dove deve stare, per riprendere a battere con un ritmo lento e compassato. L’ansia e l’angoscia provate da George sono cessate con la carezza delicata di Peppy. Possiamo uscire da quel tunnel in cui non penetrava alcun raggio di sole, terminare quel protratto ed eloquente silenzio che rispettosamente abbiamo mantenuto per empatia verso di loro. Non era un fare violento il suo, “The Artist” voleva soltanto stringere a sé il cuore in quanto simbolo pulsante dell'emotività più profonda, fino a colpirlo con la spiritualità di un cinema d’epoca. "The Artist" non è semplicemente una storia raccontata in pellicola, ma una vera esperienza taciturna che avvolge l'animo di chi la vive semplicemente osservandola.
“The Artist” è una traghettata nel freddo mare della paura di star male, di fallire, di restare soli e soffrire maledettamente. Il tutto sullo sfondo di una mutazione artistica del cinema anni ‘30, in cui il sonoro succede al genere muto, e il musical è pronto a entrare, con grazia artistica, nel fantastico mondo della settima arte. La mescolanza del sentimento umano si unisce all'evoluzione prossima del cinema.
Vi è solo un modo per evitare di cadere nel vortice subdolo della depressione causata dal timore di un imminente futuro nebuloso e incerto: aggrapparsi all’amore, all’affetto di una ballerina capace di salvare una vita, restando gelidamente laconica ma calorosamente sorridente.
Voto: 8,5
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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