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La strana coppia – Un affresco di psicologia

Una cucina, sì, doveva essere proprio una cucina quella. Non era affatto facile distinguere quella stanza da tutte le altre dell’appartamento. Anch’essa si presentava in uno stato pietoso, sciatto, caotico. Fra quella montagna di stoviglie sporche accatastate, che traboccavano dal lavandino, di seggiole con avanzi risalenti ad ere dimenticate, a malapena s’intravedeva lo sportello semiaperto di un frigorifero ed un uomo, chino, che vi rovistava dentro. Costui tirò fuori un cartone di latte andato a male, un paio di lattine di birra scadute e qualche panino preparato alla rinfusa. Non era di certo il massimo per un buffet da offrire agli amici.

Oscar lo sapeva bene, ma in fondo che gl’importava… Come dite? Chi è Oscar? Perdonatemi, avete pienamente ragione: non ho ancora fatto le dovute presentazioni. Oscar è il primo protagonista di questa storia, il primo membro di una stranissima coppia.

Fatte le dovute premesse, riprendiamo il discorso. Come dicevo, Oscar aveva poco o nulla da elargire ai suoi affezionati amici che, quella sera, avevano fatto irruzione nella sua squallida dimora. Come mai la definisco squallida? Beh, perché Oscar non era, diciamo, un tipo che badava molto alla pulizia della casa. Così, il suo alloggio, un appartamento composto da otto spaziose camere, appariva perennemente malridotto, sozzo e inospitale.

Ogni fine settimana, una sconquassata compagnia di conoscenti faceva puntualmente capolino nell’abitazione di Oscar, per la consueta serata di poker. Oscar li riceveva ben volentieri, d’altro canto il poker era la sua inguaribile ossessione, benché ad essa dovesse rinfacciare la sua continua posizione di squattrinato.

Dal soggiorno di quel grande appartamento proveniva un groviglio di voci. Oscar ascoltava quel chiacchiericcio in lontananza: commenti beffardi, risate sprezzanti echeggiavano per tutta l’ampia sala d’ingresso. Tra un “Passo”, un “Ci sto” ed un “Vedo” le partite di poker si ripetevano una dietro l’altra. Oscar si faceva attendere. Poi, di colpo, fece irruzione. Diede un calcione alla porta della cucina che comunicava direttamente col salotto ed entrò in scena brandendo un sacchetto di patatine preso al supermercato e qualche sandwiches di carne ormai stantia. Oscar offrì il tutto ai presenti che rimasero, come al solito, colpiti dalla schietta e disarmante grossolanità del padrone di casa.

I minuti passavano velocemente. Oscar, tanto per cambiare, cominciò a perdere parecchi dollari, aggiungendo così ulteriori debiti di gioco alla sua già non invidiabile collezione. D’altronde, vi era fin troppo abituato. Da quando si era separato dalla moglie Blanche, era un divorziato al verde e sciamannato. Tra un “A chi tocca adesso?” ed un “Perché tocca sempre a me?”, uno degli ospiti avanzò un ulteriore ma preoccupante quesito: “Che fine avrà fatto Felix?

Sì, lo so, siete lì lì, per alzare il dito, pronti a richiamare la mia attenzione e a chiedermelo: “Chi sarebbe questo Felix?”. Colmerò subito questa lacuna. Felix Ungar era un membro fisso della compagnia di amici, il secondo protagonista di questa bizzarra avventura. Quella sera, Felix non si era ancora presentato alla solita riunione e, col trascorrere delle ore, i più cominciarono ad allarmarsi. Il telefono squillò d’improvviso.

Walter Matthau durante una rappresentazione de "La strana coppia" a teatro. Potete leggere di più sull'attore cliccando qui.

Le carte da gioco vennero scartate alla rinfusa sul tavolo da poker, i sandwiches ammuffiti scagliati ben volentieri sul pavimento, nel bel mezzo del marasma. Oscar balzò all’in piedi, raccolse fra le dita il mozzicone di sigaro acceso che, fino a qualche istante prima masticava nervosamente, e lo adagiò nel posacenere pieno fino all’orlo. Con nonchalance, raggiunse l’apparecchio e si mise ad ascoltare. Dall’altro capo della cornetta vi era Frances, la moglie di Felix. Oscar se ne stette ad ascoltare, esprimendosi solo con qualche monosillabo di comprensione, poi abbassò la cornetta e rimase in silenzio per qualche secondo di troppo.

Ce lo vuoi dire che cosa è successo o dobbiamo assumere un detective privato?” – Borbottò, seccato, Murray, amico di lunga data di Oscar e Felix, che di professione faceva il poliziotto.

Si sono divisi!” – Sussurrò Oscar, con aria affranta.

Chi?” – Si chiese, ingenuamente, Murray.

Chi? Felix e Frances, chi altri?!” – Tuonò con decisione il burbero “anfitrione” della serata. “Si sono divisi, il loro matrimonio è finito.” concluse, amareggiato.

Attorno a quel tavolo tondo, ricoperto da un drappo verde, era scesa un’aura di tristezza e di sgomento. Ecco a cosa era dovuto quel ritardo: conoscendo Felix, sarà rimasto talmente sconvolto da dimenticare l’appuntamento.

Ma com’era stato possibile? No, non intendo dire com’era possibile che Felix tardasse. Com’era stato possibile che una coppia così unita, così apparentemente affiatata, fosse scoppiata tutta in una volta, come una bolla di sapone raggiunta dal tocco delicato eppur feroce di una mano. Al culmine di un aspro litigio, ecco arrivata la richiesta di divorzio. Questo era quanto aveva riferito Frances. Un banale litigio, un’innocua scintilla che innesca un’esplosione.

A quel punto tutti si misero in allarme, quasi sugli attenti. “Lo conoscete, Felix, no? Quello sarà andato fuori di testa, finirà col fare qualche pazzia! Finirà con l’uccidersi, ve lo dico io!”. La paranoia parve impadronirsi degli invitati, ma Oscar li invitò alla calma. Poi, d’un tratto, il campanello diede prova della sua efficienza. Era Felix, giunto finalmente alla base.

Oscar raccomandò a tutti di agire tempestivamente, di aprire la porta e di rilassarsi. Osservando quel clima disteso, quell’atmosfera gioviale, molto probabilmente Felix si sarebbe tranquillizzato un po’, e, chi lo sa, magari avrebbe ripreso anche a sorridere. Oscar, infine, redarguì i suoi amici: fate finta di nulla, disse, noi non sappiamo assolutamente niente di ciò che è avvenuto!

Felix entrò in casa quasi in punta di piedi, col suo incedere lento, con l’aria affranta e lo sguardo perso nel vuoto. Salutò tutti e si mise a guardare giù dalla finestra: “Quanti saranno da qui?” – Si chiese – “Dodici piani?”. Oscar saltò giù dalla sedia: “Macchè, sono solo undici piani.” e si fiondò ad abbassare le tapparelle. Già, undici piani… faceva tutta la differenza di questo mondo.

Tra un rimando e l’altro, tra un “far finta di star bene” ed una passeggiata solitaria nel corridoio, Felix, alla fine, crollò e irruppe in un pianto liberatorio. Voleva farla finita, sì. A suo modo, naturalmente: in maniera goffa e sbarazzina. Felix, per così dire, non era proprio un cuor di leone. Alle volte, dava l’impressione d’aver paura della sua stessa ombra ed Oscar lo sapeva bene: “Conosco Felix, troppo pauroso, tiene su la cintura persino al Drive-in”. Ciononostante, quelle lacrime e quella disperazione erano autentiche: Felix voleva fuggire via, vagare per le strade con un bel campionario di pillole ingoiate nello stomaco.

Gli amici lo travolsero, chi lo inseguì per tutta la casa, chi cercò di “placcarlo” come il più rude dei difensori di football. Infine, Felix cadde a terra, stremato. Era sera inoltrata e, quando tutti si decisero a lasciare l’appartamento, Felix restò da solo con Oscar, il suo più intimo e vecchio amico. A quel punto, Oscar lo rassicurò: Felix avrebbe vissuto con lui in quella casa smisurata, composta da otto grandi camere. Felix aveva toccato il fondo, quella notte. Non avrebbe potuto fare altro che risalire la china, riemergere pian piano, trascinato dall’amico di sempre, Oscar.

Erano entrambi divorziati, soli, ambedue bisognosi di aiuto e di un po’ di sana compagnia. Ecco che, quella stessa sera, si formò una strana coppia di conviventi, un duo pronto a ripartire e a riannodare i fili pendenti di una vita precipitata.

Comincia, più o meno, in tal modo “La strana coppia”, la commedia frutto del genio di Neil Simon. Il tutto ha inizio in una sera come tante altre, in un ambiente familiare rappresentato da una casa in cui regna un disordine atavico.

Oscar Madison, il primo dei due protagonisti ad irrompere sulla scena, è uno spilungone di un metro e novanta, porta un berretto blu con tanto di visiera, una maglietta grigia zuppa di sudore su cui si notano evidenti macchie di varia natura; indossa un paio di pantaloni sgualciti. Oscar cammina con passo dinoccolato, tiene sempre la schiena ricurva e ha stampata in viso un’espressione tra il burbero e il sornione. Il caos che lo circonda e che appare evidente sin dalle primissime scene della pellicola è un riflesso dello stile di vita del protagonista: egli è infatti una persona approssimativa, incorreggibilmente disordinata, superficiale, confusionaria e che vive alla giornata. Oscar fa di mestiere il giornalista sportivo, occupandosi prevalentemente di baseball, sua grande passione. 

Felix, che appare poco dopo dinanzi alla cinepresa, è l’esatto opposto di Oscar: un uomo metodico, preciso, meticoloso, che bada a far bene le cose, e che tiene maniacalmente alla pulizia e all’ordine. Dalla contrapposizione tra questi due caratteri, dalla dicotomia tra queste due sponde di pensiero, s’innesca l’umorismo raffinato e sagace della commedia firmata da Simon.

L’appartamento di Oscar, il luogo in cui si sviluppano le vicende di questa bislacca coppia, costituisce una sorta di microcosmo in cui due modi di interpretare, di considerare e di abbracciare l’esistenza si incontrano e si scontrano. Il dualismo tra i caratteri di Oscar e Felix viene sapientemente sfruttato da Simon e genera un susseguirsi di situazioni esilaranti, quasi al limite del paradosso.

Walter Matthau e Jack Lemmon, gli straordinari interpreti di Oscar e Felix, modellarono perfettamente la parte su loro stessi, sulla loro fisicità, sulla loro espressività, sulla loro mimica facciale nonché sulla loro gestualità. Fu Billy Wilder il primo ad intuire le potenzialità di una coppia destinata a diventare un autentico simbolo del cinema americano: in “Non per soldi… ma per denaro”, il cineasta Wilder accoppiò il “rabbioso” Matthau al “garbato” Lemmon, dando il proprio battesimo artistico ad un duo senza eguali.

Qualche anno dopo, “La strana coppia” sancirà il definitivo successo di Walter e Jack, i quali, potendo contare su una naturale complicità e su di un’amicizia cristallina, coltivata anche al di fuori dei set, daranno vita a personaggi destinati ad entrare nell’immaginario collettivo e ad un vero e proprio classico del genere.

Nel momento in cui Oscar dona le chiavi del suo appartamento a Felix, ha inizio una coabitazione inusuale, destinata a riservare non poche, spiacevoli sorprese. Felix, già dalla prima notte, non smette di parlare: confessa all’amico come sia ancora innamorato di sua moglie, quanto sia affezionato ai suoi bambini e che il non poter rimanere più con loro lo rende inconsolabile. Oscar invece, già abituato da tempo alla solitudine, alla lontananza dalla propria famiglia e oramai del tutto disinnamorato dell’ex moglie Blanche, si mostra più sereno dell’amico e sprona lo stesso ad accettare il fallimento del proprio matrimonio, a riprendere in mano le redini del suo futuro. Felix, a quel punto, lo ringrazia per l’interessamento e gli promette che troverà la forza ed il modo di cavarsela. Adesso Oscar, soddisfatto d’aver dispensato dei giusti consigli può finalmente andare a dormire e invita l’amico a fare altrettanto. Felix risponde che ci andrà, ma non prima d’aver rimesso a nuovo tutta la cucina.

In piena notte?” – Sembra chiedersi Oscar tra sé, senza però pronunciare parola alcuna.

Felix pare precederlo: “Non riuscirei a dormire con una cucina in questo stato”.

Oscar non sembra credere alle sue orecchie, e nel tratto che lo separa dalla camera da letto sibila un amletico “Vuol lavare i piatti…”. 

Già da questa breve ma significativa sequenza s’intravede molto della personalità dei due protagonisti: da un lato Oscar, del tutto indifferente al soqquadro in cui giace la sua dimora, dall’altro Felix che, come ammette egli stesso, non riuscirebbe a prender sonno senza prima aver rigovernato quella cucina che, inizialmente, neppure aveva l’aria d’essere un luogo adibito a consumare i pasti, data la confusione che regna sovrana.

I tratti psicologici così marcati e differenti di Oscar e Felix, resi magistralmente da Matthau e Lemmon, si palesano d’incanto e fuoriusciranno prepotentemente di lì a breve. “La strana coppia” è un’opera che riserva ai suoi protagonisti una caratterizzazione ottimale: Neil Simon, tratteggiando i personaggi con vivezza, scrupolosità e attenzione, pone la sua commedia alla stregua di un saggio di antropologia e, perché no, anche di psicologia

Oscar e Felix non sono altro che due facce di una moneta contraffatta: una testa distorta ed una croce sghimbescia, due essenze ambivalenti, due creature che seguono istinti diversi e che si ritrovano a coesistere in un medesimo ecosistema, restando comunque in perenne contrasto fra loro. Non ci è dato sapere quale dei due personaggi sia nel giusto, se l’eccentrico o il precisino, se il buzzurro o il pedante, poiché entrambi incarnano temperamenti ai margini della normalità, esasperazioni che rispecchiano modi di vivere diametralmente opposti.

In particolar modo, la personalità di Felix risulta essere quella che si presta maggiormente ad una riflessione a carattere psicologico. Felix sembra soffrire di un disturbo ossessivo compulsivo riservato all’ordine e alla pulizia. Non riuscire a distogliere la mente dal caos che domina e sovrasta la cucina di Oscar indica quanto Felix tenda ad essere fissato con il tutto lindo e terso, e quanto il sudicio infastidisca la sua psiche, tanto da obbligarlo a fare le ore piccole per sistemare i “disastri” lasciati da Oscar. Questi, contrariamente a Felix, possiede una personalità sfacciata, approssimativa, a tratti menefreghista. Ad Oscar non importa cos’è in ordine e cosa non lo è, non importa se ad avvolgerlo vi sia un lezzo nauseabondo o un delicato profumo di fiori. Oscar bada al pragmatismo, alla sopravvivenza giorno per giorno. Oscar non ha un piano a lunga scadenza, fa sì che i debiti si accumulino sulla sua scrivania, non ha la minima idea di cosa mangerà per pranzo o per cena né si preoccupa di ciò che dovrà fare l’indomani. Oscar prende la vita per quello che è: una peregrinazione incerta, imprevedibile, per cui la pianificazione serve soltanto a mantenere una sicurezza ingannevole e quindi futile. Così, Oscar tira avanti nella confusione più totale, fra cianfrusaglie ammassate sulla scrivania, fra riviste accatastate sugli scaffali, sprofondato in poltrone apparentemente abbellite da cuscini unti d’olio, sopra i quali ha consumato un frettoloso pasto a base di frittura e ci si è pulito le mani. Sebbene abbia un’indole infingarda ma al tempo stesso furbastra, Oscar ha un cuore d’oro e non esita un solo istante ad aiutare il suo più caro e fraterno amico, offrendogli una casa in cui vivere e un motivo per cui andare avanti.

Or dunque, in poco tempo, l’appartamento di Oscar viene “restaurato” da Felix, che lo trasforma in una accogliente dimora, scintillante di eleganza e di lucida freschezza. I quadri appesi alle pareti, che Oscar lascia sbilenchi di proposito, vengono continuamente raddrizzati da Felix, il quale non tollera in alcun modo di vederli in quella infelice posizione. Eccoci difronte ad un nuovo preciso e costante bisogno di ordine e perfezione che porta Felix a non ritrovare mai una sorta di pace, sia pure apparente. 

Le particolarità di Felix non si limitano alle sue ossessioni per la pulizia: egli possiede una serie di tic nervosi, di compulsioni, di rituali inconsueti e routinieri, di goliardiche attività che applica in maniera abitudinaria. A ciò, va aggiunto quello che sembra essere uno stato ipocondriaco: Felix soffre di malesseri bizzarri, di patologie sciocche ma fastidiose che combatte con rimedi rumorosi e molesti. Tali azioni non fanno che irritare Oscar, il quale considera gran parte dei dolori patiti dall’amico come frutto delle sue ansie e delle sue frustrazioni.

Se Oscar si mostra come un uomo tutto sommato sereno, che non perde il sorriso neppure dinanzi alla mole di debiti che lo attanagliano, alle minacce dell’ex moglie di spedirlo in gatta buia se non si affretterà a versare la somma pattuita degli alimenti, Felix, dal canto suo, soffre di molteplici paranoie che non riesce ad ignorare e che non lo lasciano mai stare del tutto tranquillo. Una sera, mentre si trova a letto, Felix, pensando al possibile incontro con una coppia di donne conosciute da Oscar, si lascia andare a delle preoccupanti considerazioni: “E se andassi in un ristorante ed i miei figli mi vedessero con un’altra donna? Cosa penserebbero?”.

Non potendo sopportare quell’assillo Felix scende dal letto, raggiunge la camera di Oscar, che nel frattempo cantava beatamente già pregustando l’appuntamento con quelle belle signore, e lo convince ad organizzare la cena a casa loro, un luogo sicuro, confortevole nonché lontano da occhi indiscreti. Un atteggiamento simile sembra rimarcare le agitazioni, le riflessioni dubitative che attanagliano un soggetto ansioso, che tende a fiutare il pericolo ancor prima che esso si manifesti all’orizzonte.  

Un altro passo simbolico, eloquente della psicologia di Oscar e Felix avviene quando, al culmine di un litigio, Oscar scaglia un piatto di linguine contro il muro. La pasta resta inesorabilmente appiccicata alla parete, non infastidendo minimamente il padrone di casa. Felix intima all’amico che non si farà carico della rimozione di quell’indecoroso bassorilievo estemporaneo, dal momento che non è stato lui causare il danno. Successivamente però la totale indifferenza di Oscar induce Felix a brontolare le seguenti parole: “Ma guardale! Tutte lì appiccicate al muro! Tu le lasceresti lì, non è vero? Le lasceresti lì e le lasceresti marcire vero… Oh no, è disgustoso! Pulirò io!!”

In questi frangenti, la mente di Felix viene attraversata rapidamente da un susseguirsi di pensieri: assiste impotente al disinteresse di Oscar, e immagina già il suo piatto culinario che, lentamente e ineluttabilmente, sfiorisce in modo disgustoso sulla parete. Il solo pensiero risulta essere inaccettabile per Felix, così rompe gli indugi, se ne infischia della lite e dell’orgoglio, e si appropinqua per pulire. Un vero e proprio affresco psicologico dei due personaggi: da un lato l’indifferente che non prova disgusto e non viene angosciato da alcuna recriminazione, dall’altro il compulsivo, l’ansioso che sa di dover intervenire prontamente perché non può concepire che le sue linguine se ne stiano, morenti, aggrovigliate accanto ad una cappa argentea intrisa di sugo.

Felix pare irremovibile persino davanti alle lacrime, cervellotiche e disperate, dell’amico Oscar. Quando questi implorerà, piangendo ironicamente, l’amico di starsene in cucina con le sue manie e le sue nevrosi senza turbarlo oltre misura, Felix, per nulla impietosito, metterà a tacere il suo interlocutore, intimandogli piuttosto di prestare attenzione e di camminare sulla carta poiché ha appena lavato il pavimento. Ciò scatenerà l’ira di Oscar. E’ questa una delle scene più ironiche e graffianti dell’intera commedia. Tale risposta di Felix corrisponde ad un tipico atteggiamento di chi pone la pulizia al di sopra di ogni altra cosa: non importa quanto l’altro possa chiedere attenzione, se esso sta portando a termine un atto che inficia sulla pulizia allora verrà inevitabilmente ignorato o redarguito.

Oltre ad analizzare i caratteri dei due personaggi, Simon, attraverso un uso sapiente della scrittura, tenta di interrogarsi sulla possibilità dell’essere umano di poter “cambiare”. E’ possibile che due persone, che vantano un’indole tanto radicata e profonda, riescano a trasformare sé stessi, e magari a migliorarsi?

Nella prima parte del lungometraggio, quando Felix e Oscar s’intrattengono seduti sulla panchina di un parco, un dialogo sembra suggerire una sorta di pentimento da parte di Oscar per quanto concerne il suo passato. Questi giudica sé stesso come il principale responsabile della fine del suo matrimonio: era un pessimo marito, che mentiva alla moglie costantemente, che faceva orari impossibili, che spegneva le cicche sui mobili, che non aveva messo da parte mezzo dollaro nonostante gli ingenti stipendi guadagnati nella propria redazione giornalistica; un marito che non aveva voglia di cenare la sera con la propria consorte salvo poi svegliarla nel cuore della notte e pretendere che gli cucinasse qualcosa di appetitoso. Oscar, pur comprendendo i suoi sbagli, si domanda ancora, quasi insensatamente, perché sua moglie lo abbia lasciato. Tutto ciò non simboleggia altro se non l’incorreggibilità di un uomo che ha compreso i suoi errori, che conosce i suoi molteplici difetti ma che non riesce a far nulla per rimediare. Forse non si può cambiare, forse non si può modificare un carattere così netto e impenitente.

Anche il personaggio di Felix sembra suggerire una riflessione di tal tipo da parte dell’autore. Quando Oscar tenterà inutilmente di convincere l’amico ad uscire con lui, a raggiungere l’appartamento delle sorelle Piccioni, due vicine di casa civettuole e tanto simpatiche che hanno preso a ben volere i due, e questi rifiuterà categoricamente in quanto ancora troppo legato al ricordo dell’ex moglie, Oscar gli chiederà furiosamente se ha intenzione di restare così fino alla fine, fino al giorno della sua dipartita. Allora Felix risponderà: “Noi siamo quel che siamo!”.

Una risposta netta, inequivocabile, che sancisce come due personalità tanto abitudinarie non possano mutare anche volendo. 

Nel finale, però, prima che il sipario cali sul destino di due amici litigiosi ma, forse proprio per tali ragioni inseparabili, accade qualcosa che rovescia la prospettiva dello spettatore. Felix andrà a vivere via, esortato dall’ultima lite con Oscar. Felix troverà la propria indipendenza, unita alla forza per ricominciare un nuovo percorso, lontano dalla sua ex-moglie e dall’amico fraterno. Dal canto suo, Oscar, proprio all’ultimo atto, si arrabbierà con i suoi amici del poker, quando uno di loro lascerà cadere a terra un frammento di sigaretta consumata.

Ragazzi, questa è casa mia. Non è mica un porcile!” - Sbraiterà Oscar che, sotto sotto, grazie alla vicinanza con Felix ha carpito quanto basta per imparare a voler più bene a sé stesso e alle cose che lo circondano. La purezza di un’amicizia vera e sincera viene sugellata da queste battute finali: Oscar e Felix, spalleggiandosi quasi inconsapevolmente, migliorano dalla reciproca vicinanza.

I personaggi di Oscar e Felix, come già sottolineato, fanno parte di diritto della cultura popolare. Il perfezionismo, la cura dei dettagli, il candore e l’attenzione maniacale alla lindura di Felix così come i tratti burberi che celano un animo gentile votato al prossimo, l’espressione brontolona e l’atteggiamento alla “che m’importa” di Oscar sono diventati dei veri e propri attributi identificativi degli stessi Walter Matthau e Jack Lemmon. I due attori statunitensi hanno colto e personificato così perfettamente le sfaccettature dei due protagonisti de “La strana coppia”, da restare indissolubilmente legati ai personaggi interpretati nel film. Agli occhi del grande pubblico, Walter e Jack somigliano in tutto e per tutto ad Oscar e Felix, più di quanto si riesca a spiegare. In loro, persona e personaggio si sono congiunti splendidamente all’unisono.

A tal proposito, negli ultimi giorni, la Infinite Statue, un’azienda italiana che realizza statue in scala dedicate ai grandi miti del cinema americano e non, ha pubblicato uno scatto raffigurante l’ultima delle loro creazioni artistiche: Walter Matthau e Jack Lemmon, eternati nelle loro iconiche vesti di Oscar e Felix.

Le statue di Walter Matthau e Jack Lemmon realizzate dalla Infinite Statue

Scrutando la fotografia e ammirando la bellezza e l’originalità del pezzo, da grande appassionato e collezionista, non ho potuto che restarne incantato. Le due statue, scolpite magistralmente da George Nagulov, dipinte da Dario Barbera, sotto l’attenta direzione di Fabio Berruti, immortalano Walter e Jack con un realismo spiccatamente artistico. Oltre ad apprezzare in modo particolare il pezzo per la sua innegabile grazia e per il suo alto valore per quanto concerne il collezionismo riguardante la settima arte, non ho potuto fare a meno di cogliere degli elementi e interpretarli secondo il mio punto di vista; elementi che ben si prestavano all’argomento di questo mio pezzo, vale a dire l’aspetto psicologico de “La strana coppia”.

Le due statue, a mio modo di vedere, incarnano perfettamente la psicologia dei personaggi. Oscar e Felix sono disposti su fronti opposti, ognuno che si erge su di una base a sé stante. Entrambe le basi, però, possono essere unite fino a formare un unico diorama. Unendole, i due personaggi sembrano osservarsi da due angolazioni opposte dello stesso appartamento. Questa visione, evoca i due fronti di Oscar e Felix, i due modi di interpretare la vita.

Da un lato vi è il disordinato, Walter, il sagace, colui che vive senza restrizioni, senza condizionamenti, senza pensieri o timori di ogni tipo, beato nel suo disordine che non è altro che la testimonianza della sua personalità che eccede, che trasborda al di fuori di lui. Oscar osserva Felix e se la ride, felice di sapere che la vita, come già scritto, va presa per ciò che è: un susseguirsi di eventi imprevedibili, e per loro natura disorganizzati. Ai piedi della statua di Walter, giacciono gli oggetti più disparati: riviste sportive, un sigaro, un posacenere repleto, un sandwiches ancora non addentato, un capo d’abbigliamento gettato alla rinfusa. Sotto il braccio, Oscar stringe una rivista particolare, forse preferita a tutte le altre.

Inoltre, Walter regge in mano una lattina, pronto a sorseggiarla: perché Oscar è questo, brinda e beve in barba ai suoi problemi, tendando forse inutilmente di affogarli, senza sapere che purtroppo, il più delle volte, i problemi sanno nuotare, ma non per questo smette di sorridere.

Felix, dall’altro lato, se ne sta serio. Rigido, arcigno come chi si fa in quattro per il bene suo e quello del suo amico adorato. Guarda Oscar con disappunto, certamente offeso dall’ultima marachella perpetrata dal compagno di tante giornate. In mano, Felix tiene stretto il suo adorato ramaiolo, forse è lì lì per rinfacciare al giornalista sportivo la sua ignoranza in ambito culinario, visto che in passato ha già scambiato quel ramaiolo lucente per un comune mestolo. Accanto alla sua figura, vi è un aspirapolvere. Una chicca emblematica: Felix non fa altro che utilizzarlo, per pulire, per “spazzare”, per togliere via lo sporco, i difetti di una vita che, al momento, non lo soddisfa per via del matrimonio tramontato ma che merita ancora di essere vissuta pienamente. Sotto la camicia, una tenuta da cuoco “scintilla” candidamente: altra grande passione di Felix, quella per la buona cucina, quella fatta con entusiasmo verso sé stessi e chi gli sta intorno.

Schierati sui due “contraltari”, Oscar e Felix, in questa rappresentazione statuaria, personificano i due lati della vita: coloro a cui non importa, che vivono cercando di strapparsi loro stessi un sorriso malgrado tutto, e coloro che vivono tra mille ansie e preoccupazioni senza arrendersi mai, coloro che considerano il loro disordine un equilibrio perfetto e coloro che giudicano il loro ordine come un modo per esprimere sé stessi, un simbolo di rispetto e affetto verso la propria casa, il solo luogo in cui ognuno di noi può sentirsi veramente al sicuro.

C’è tanto in questa riproduzione, così come nell’opera filmica del 1968: basta solamente saper guardare.

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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