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Ebenezer Scrooge - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

 

La straordinaria storia di Ebenezer Scrooge, il vecchio e insensibile avaro, perseguitato, in una notte del 24 dicembre, dai fantasmi del passato, del presente e del futuro, ha fatto sognare intere generazioni di adulti e piccini, ed ha rappresentato e rappresenta ancora oggi uno dei racconti natalizi più conosciuti al mondo. Questo racconto, uscito dalla penna dello scrittore inglese Charles Dickens, pubblicato per la prima volta nel 1843, dal titolo originale “A Christmas Carol”, tradotto in italiano come “Canto di Natale”, attraverso elementi di fantasia immersi in un’atmosfera surreale, vuole materializzare l’idea della redenzione. E’ su questa scia che l’irriducibile misantropo si accorge di avere anch’egli un cuore che pulsa e che può provare gioia per la felicità altrui. Scrollatosi di dosso la sua atavica corazza, fatta di cupidigia e indifferenza, promette di glorificare e amare il Natale, la festa della solidarietà e dell’amore, la festa che infonde speranza e anela da sempre a un mondo pacificato da odi e dissapori, reso gioioso e puro dalla nascita di Gesù Bambino.

“Canto di Natale” di Charles Dickens è un romanzo di critica nei confronti della società in cui l’autore viveva, ma è anche una storia emozionante che racchiude in sé verità profonde. E’ l’incontro tra la tradizione del romanzo gotico e il genere fiabesco, una vicenda ricca di allegorie che mette in evidenza come chi vive nella pochezza d’intenti e nell’avidità d’animo ha l’opportunità di liberarsi dai vincoli che lo trattengono; vincoli che riguardano le differenze sociali, l’insensibilità verso il prossimo, l’aridità di cuore. Col tempo, il protagonista ritrova la magia delle piccole cose, quei comportamenti che arricchiscono l’animo e fanno in modo che ci si possa sentire gratificati dentro. Un testo, quello dello scrittore inglese, pieno di emozioni, magico, riflessivo, che ci riporta ai piccoli gesti quotidiani, a un semplice sorriso, all’amore incondizionato, al calore della famiglia. Ciascuno di noi incontra gli stessi fantasmi di Scrooge, non soltanto la notte di Natale, ma ogni qualvolta le prevaricazioni, l’individualismo, l’ostentata indifferenza hanno su di noi il sopravvento, facendoci dimenticare che la vera ricchezza sta proprio nel donare agli altri.

Quella di Natale non è mai una notte come un’altra. La lancetta dei secondi gira con apparente normalità ma il tempo pare ora comprimersi ora dilatarsi in un processo astratto e contradditorio, che fugge da ogni fondamento scientifico, perché regolato da una magia madre dall’emozione. Sicché il tempo subisce un’esaltazione del suo effetto relativo. Un istante felice a Natale passa con molta più rapidità, eppure si assapora come se dovesse durare all’infinito. Come ci sovviene da bambini, quella soave, mistica notte, possiede un che di unico che la rende differente da tutte le altre; ciononostante passa, vola via, cedendo come sempre il posto al nuovo giorno: il giorno di Natale. Questo è quanto ci suggeriscono gli orologi, meccanismi privi d’emozione, e quindi non in grado di calcolare “un tempo diverso”, che si discosti da quello computato.

Se osservato con gli occhi della sensibilità e con una sognante vena interpretativa, benché sia inconsistente, il tempo di Natale si può considerare senza tempo. E’ forse per tale ragione che, giocando un po’ di fantasia, si può credere che in una sola notte, l’arcigno Ebenezer Scrooge abbia potuto rivivere le vicissitudini di un’esistenza amara. Tempo passato, tempo presente, tempo futuro, e ancora, periodo andato, istante trascorso, presente che svanisce, futuro incerto: è sempre una questione di tempo. E ogni anno, nella notte tra il 24 e il 25 dicembre, la razionalità umana irrimediabilmente deve farsi da parte per lasciare che l’incanto prenda il sopravvento, in modo che la fantasia possa rendere quella notte così intensa tanto d’essere capace di compendiare un tempo illimitato. Si tratta della stessa tenera magia che induce i bambini a credere ad un uomo panciuto, con una folta barba bianca e vestito di rosso, il quale scende giù dai comignoli per consegnare i doni a tutti i bimbi del mondo. Ma come può Babbo Natale riuscire a far credere ad un infante di poter girovagare per il mondo in sella a una slitta trainata da renne? Semplicemente perché il piccolo ha fede, e crede in cuor suo che Babbo Natale arresti il tempo. Su quel suo carro alato, il papà del Natale sfugge dai costrutti dell’uomo, inceppa gli ingranaggi dell’orologio universale e in una sola notte raggiunge ogni bambino addormentato. E’ sempre una questione di tempo, anche un pargoletto lo sa; perché quella di Natale è una notte che non può essere in alcun modo cadenzata.

E’ proprio a tarda notte che un fantasma si manifesta all’avido Scrooge. Dickens fa che i lugubri versi di quell’entità vengano fuori dalle parole scritte, come allegorie frastornanti, udibili nel silenzio dei nostri pensieri durante la lettura. Robert Zemeckis, “traduttore” del testo letterario in opera filmica, fa di quei frastuoni, grevi rumori di catene. In “A Christmas Carol”, l’ectoplasma dell’avido Jacob Marley ha l’aspetto di una figura fluorescente, scheletrica e dagli occhi spiritati. Ciocche di capelli elettrizzati levano le punte verso l’alto, e un paio di occhiali giacciono sul naso, come immobilizzati dalle rughe e dall’espressione crucciata che soleva avere in vita. Grosse catene gli cingono il corpo, impedendogli di liberarsi, simbolo dell’egoismo che in vita imprigionò il suo cuore, impedendogli di poter ascendere al Paradiso. Lo spirito avverte Scrooge che se non cambierà in fretta, un fato ancora peggiore aleggerà su di lui non appena trapasserà nell’aldilà, e preannunzia all’uomo l’imminente visita di tre fantasmi.

La rappresentazione dello spirito di Marley è un tantino differente in un altro, splendido adattamento del “Canto di Natale”, fatto ad opera della Walt Disney. Se l’irascibile Scrooge, nella suddetta versione, ha i connotati del “taccagno” Zio Paperone, la manifestazione spiritica di Jacob ricalca, invece, le sembianze del celebre Pippo. Lo Scrooge di Paperon de’ Paperoni considera il Natale un giorno lavorativo come un altro, e scaccia via anche le più semplici decorazioni che possano solamente ricordargli quella festività. L’ufficio di Scrooge è “spoglio” di qualunque addobbo, è freddo e umido, privo di colori caldi e luminosi, come se riflettesse l’animo arido del padrone.

D’un tratto, irrompe il nipote Fred (Paperino), giunto all’ufficio dello zio per invitarlo a trascorrere la vigilia di Natale nella sua dimora. Ma Fred viene prontamente invitato ad andar via, e a riprendersi in fretta e furia la ghirlanda natalizia che aveva portato con sé come dono da offrire allo zio, da porre sulla maniglia della porta. Non è un caso che il fantasma di Jacob si manifesti per la prima volta dentro i contorni di un “oggetto”, un battiporta d’oro.

Anche un banale ornamento può nascondere un messaggio profondo, visibile o invisibile all’occhio dell’uomo. Se la ghirlanda doveva rappresentare una flebile nota di colore nello scialbo e cupo ufficio di Scrooge, quel picchiotto era intenzionato, dal canto suo, ad esprimere un’anticipazione degli incontri che Scrooge avrebbe avuto di lì a breve. Jacob seguita poi a manifestarsi come un’ombra riflessa su di una parete, la quale imita, come un tenebroso mimo, la camminata baggiana e timorosa di un preoccupato Scrooge.

  • Il fantasma del Natale passato

Nel buio, una luce, dapprima fioca ma poi sempre più intensa, comincia a illuminare un angolo della camera del vecchio Scrooge. Ai piedi del letto, un fantasma di minute dimensioni si mostra agli occhi del protagonista. E’ il fantasma del Natale passato. In “A Christmas Carol”, tale spirito ha le sembianze di una fiamma divampante, come fosse una candela accesa che arde senza mai consumarsi. Il suo capo emana una luce battente che illumina l’orizzonte, come fosse un faro pronto a schiarire un passato coperto da fitte tenebre che tutto avviluppano. Lo spirito volge la mano a Scrooge e lo accompagna fuori dalla sua casa, per volare via e tornare a molti anni prima. Il tempo si presenta velatamente nell’incarnazione dello spirito del Natale passato. Una fiamma che brucia può essere spenta se una campana di vetro, simile a quella che il fantasma regge in mano, chiude la fiammella al suo interno. L’aria si consuma in fretta, la fiamma si spegne e così una vita svanisce; e con essa spariscono anche i rimpianti, le occasioni mancante, i pentimenti e gli errori a cui non si è potuto porre rimedio. Il tempo non va sprecato, bisogna capire i significati impartiti dagli accadimenti trascorsi, e le lezioni che un passato può insegnare per ottemperare alle pecche commesse, da non ripetere più in futuro. E’ l’insegnamento che il primo fantasma, nella sua estetica così peculiare, trasmette all’anziano Scrooge: quello di non lasciare che la fiamma ardente di una insensibilità egoistica sciolga la cera di un’esistenza intera.

Il fantasma del Natale passato nel “Canto di Natale” della Disney ha le fattezze del Grillo Parlante di “Pinocchio”. Quale scelta più azzeccata, se non quella di un consigliere che mira ad interloquire con la coscienza? Il grillo parlante è la voce interiore che torna a riecheggiare dopo anni di silenzio. Un riverbero figurato dell’intimità che si ridesta per esortare l’animo di Scrooge a prendere consapevolezza di ciò che è andato perduto per sempre, così da salvaguardare gli affetti che ancora non sono stati sviliti e allontanati. Dal turbamento provocato dalla rimembranza della donna amata in giovinezza, Scrooge comincia a schiudere il suo cuore, sotterrato sotto un cumulo di monete d’oro.

  • Il fantasma del Natale presente

Scrooge si imbatte in seguito nello spirito del Natale presente, il quale troneggia sulla cima di un albero di Natale. Attorno a lui, la sala è cinta da orologi meccanici, i cui ingranaggi sono ben visibili all’occhio. Le rotelline dentate permettono il movimento di alcune statuine, ferme in pose danzanti, poste in cima agli orologi. Il tempo presente si muove senza sosta; l’attimo fa posto a quello successivo, quando lo spirito comincia a dialogare con Scrooge. Il fantasma lo trae a sé, sollevandolo da terra e lasciandolo penzoloni nel vuoto, mentre sotto i suoi piedi si snocciola la realtà cittadina in uno scorrere d’immagini. Il fantasma dà a Scrooge la visione degli avvenimenti scorti da una prospettiva celeste.

Scrooge, guidato dal fantasma, si reca poi a trovare la famiglia Cratchit, riunita attorno al tavolo durante la sera del 24 dicembre. Il piccolo Tim, mai così tenero e indifeso come tratteggiato nella versione Disney, scende le scale, reggendosi con una stampella, per consumare, insieme alla sua famiglia, una scarnita coscetta di pollo. Scrooge si trova dinanzi alla più straziante delle indigenze. Nella versione Disney, il secondo fantasma è “interpretato” da Willie, il gigante. L’elevata statura di una tale essenza impalpabile indica come il tempo presente sia impossibile da “racchiudere”.

L’uomo possiede il ricordo per indagare il passato, ha la percezione del futuro, eppure il presente si muove nell’intermezzo, in un lasso di tempo indefinito, illimitato, grande come un colosso. E’ per l’appunto il momento presente il periodo nel quale dover ponderare e prendere una degna decisione, prima che sia troppo tardi.

  • Il fantasma del Natale futuro

Per ultimo, si palesa lo spirito del Natale futuro, il più inquietante tra i tre. Esso è una sagoma avvolta in un mantello nero come un tizzone, un’ombra che getta buio sull’avvenire e che conduce Scrooge a scrutare l’atroce sofferenza di un triste domani. Nel “Canto di Natale” della Disney, l’imponente Gambadilegno si cela sotto il truce manto dello spirito. La risata sardonica del personaggio terrorizza Scrooge, e la sua ansietà lo fa precipitare tra le fiamme di una voragine apertasi nel suolo. Scrooge sembra prossimo a precipitare all’inferno, e la sua anima è ormai irrimediabilmente dannata.

Ma la sua discesa si conclude sul lindo pavimento della sua abitazione. Quel fuoco ardente era fiamma in grado di ridurre in cenere la brevità del tempo prossimo. Era il monito finale, il rintocco dell’ultima ora, l’alba che sorge e che porta con sé un nuovo giorno, per una nuova esistenza.

L’indomani, lo Scrooge di “A Christmas Carol” si accomoda sulla sedia della sua scrivania, e guarda fugacemente il suo orologio da taschino. Il signor Cratchit, suo dipendente, arriva in ufficio con un po’ di ritardo. Di tutta risposta Scrooge lo ammonisce verbalmente e gli aumenta il salario: un premio per aver ben speso quel tempo con i suoi cari. Per tutto il giorno di Natale, Scrooge, sia esso “dipinto” con le sembianze di un uomo dal mento spiovente e dal naso aquilino, o di un papero dal becco pronunciato, si fa strada in città per dispensare le proprie ricchezze, sotto forma di doni, ai più bisognosi, camminando con passo spedito e aria leggiadra, come se quel suo bastone fosse più uno strumento d’accompagnamento che un aggeggio di supporto alla sua andatura.

Il tempo del Natale riprende a progredire con la sua particolare meraviglia, ed è adesso tutto riassunto e compreso nella dolcezza del piccolo Tim, che ha l’aspetto di un adorabile bimbo o di un tenero “topolino”, che cerca d’afferrare un orsacchiotto di peluche dal sacco dei regali del signor Scrooge, il quale tenta più volte di nasconderglielo alla vista, per far sì che la sorpresa sia davvero tale, meritevole pure di un pizzico d’attesa.

No, non sono né bubbolescempiaggini: il tempo del Natale non ha eguali, perché una sola notte può cambiare davvero il destino di un uomo.

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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