Attenzione pericolo SPOILER!!!!
Ogni faro, nella sommità della torre, ha una lanterna che dispensa a tutti gli uomini di mare la sua luce amica. Tele luce squarcia l’oscurità della notte, mentre accompagna i naviganti durante i loro spostamenti e, quando serve, li fa attraccare in tutta sicurezza alle banchine del porto. Il faro giunge dunque in aiuto, è una sorta di ausilio, un supporto aduso a garantire l’incolumità dei marinai. Ci fu un tempo in cui i fari erano addirittura considerati sacri. Magniloquenti le parole che Luigi XVI rivolse ad un suo ammiraglio che aveva fatto prigionieri alcuni operai intenti a costruire un faro inglese: “Faccio guerra agli inglesi, non all’Umanità!”. Il faro è un richiamo luminoso che conduce verso l’approdo alla terraferma: una risorsa eretta dall’uomo per vegliare sui propri simili. A seguito di uno strano accadimento, nella storia che presto andremo a raccontare, proprio un faro ricevette un’insolita influenza proveniente da una fonte imprecisata, così da cominciare ad emettere un luccichio di accecante consistenza. Tale bagliore si propagò poi come un alone impalpabile e avvolgente. I territori caduti preda di questa diffusione formarono poi la cosiddetta Area X. Per cercare di scoprire cosa era realmente avvenuto in quel luogo vennero inviate diverse squadre di ricognizione. Tutte le squadriglie militari, mandate di volta in volta a perlustrare la zona disastrata, non fecero mai ritorno. In quel particolare faro, da cui in principio veniva emanata una luce di speranza, si è diffusa ora una rifulgenza d’oscura natura che sta arrecando solo morte e smarrimento. E’ l’inizio di “Annientamento”! A seguito delle numerosissime sparizioni, viene inviata ancora una volta una nuova squadra, composta da sole donne, tra cui figura la biologa Lena, protagonista della storia. Una volta varcati i confini dell’Area X, le studiose, imbracciando armi da fuoco e procedendo con passo militare in quelle lande desolate e in quei boschi sempre più anomali, s’imbatteranno in raccapriccianti mutazioni genetiche che oramai presiedono sia la flora che la fauna di quella zona cosiddetta aliena.
“Annientamento” ha avuto una distribuzione, per usare un eufemismo, marcatamente limitata. Il film con Natalie Portman, girato e realizzato nelle intenzioni dei propri autori per approdare nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, ha incontrato le reticenze della Paramount Pictures che ha optato, data la natura fin troppo “cabalistica” del film, di farlo uscire al cinema principalmente negli Stati Uniti. E’ stato in seguito stipulato un particolare contratto di distribuzione con Netflix così da rendere il prodotto disponibile, dal 12 marzo, sull’omonima piattaforma di streaming online. “Annientamento” è un thriller fantascientifico a portata di click, da gustare in prima visione assoluta nel divano della propria casa. “Annientamento” è un’opera di fantascienza difficilmente descrivibile a parole. Il regista Alex Garland ha fatto in modo che siano le immagini, l’eloquente silenzio delle ambientazioni naturali e le scenografie, rappresentazioni immaginifiche poste sugli sfondi, a comunicare quanto avrebbero dovuto. Le parole descrittive di una recensione dovrebbero conseguentemente apparire superficiali per riportare quello che il lungometraggio vuol dire ad ognuno di noi. Ciononostante qualcosa nel lavoro di Garland è venuto a mancare.
Dal punto di vista tecnico, “Annientamento” vanta una buona regia, un’eccellente fotografia e un altrettanto fantastico comparto scenografico. Tuttavia, il ritmo dell’opera è lento. Il che in genere non sarebbe affatto un difetto, tutt’altro: nelle opere di genere fantascientifico una successione graduale è necessaria per infondere maggiore riflessione e profondità alle scene più introspettive. La scorrevolezza compassata, a volte scelta stilistica attuata per impreziosire le sequenze analitiche, risulta essere in questo caso una vera pecca. Questo perché, nella prima parte del film, ad una lentezza di ritmo si abbina una successione degli eventi poco chiara e quasi del tutto priva di suspense. “Annientamento” inizia e procede con un’inspiegabile flemma che sfocia nella noia e nell’indecifrabilità. La storia è un lungo flashback ed il lungometraggio salta, con frequenza, da una fase all’altra, tra il passato e l’imminente futuro della propria protagonista. Alla storia principale si legano i ricordi rievocati dalla mente di Lena. Lo schema richiama, per certi versi, le sequenze più introspettive dello splendido “Arrival”, diretto da Denis Villeneuve, nel quale la linguista Louise rammentava momenti di un imprecisato passato che, sul finale, si riveleranno essere ben più di quanto ci si sarebbe potuti aspettare. Sebbene i momenti riservati al trascorso della dottoressa Lena in “Annientamento” siano necessari affinché si riescano a comprendere le motivazioni e ciò che ha spinto la protagonista nel proprio agire, il film di Garland non può contare su un montaggio tanto curato quanto quello dell’opera con protagonista Amy Adams, in cui tutto tendeva a intrecciarsi splendidamente. I passaggi narrativi e gli stacchi tra una scena e l’altra in “Annientamento” paiono distanti, non garantendo una buona scorrevolezza. Se l’attrice Natalie Portman (come sempre bravissima) spicca su tutti, è ostico poter conferire i medesimi complimenti al resto del cast: comprimari insipidi, personaggi dalla psicologia soltanto accennata nonché attrici e attori, decisamente non al loro meglio, si avvicendano con poca brillantezza, tanto da non lasciare che pallide ombre del loro passaggio. Il cuore di “Annientamento” è da ritrovarsi nella sua protagonista e nel percorso che ella adempie. Anche in questo caso, però, le digressioni riservate al trascorso della donna, al suo non idilliaco rapporto matrimoniale e all’adulterio (atto autodistruttivo della donna verso la sua relazione coniugale) costituiscono solo brevi rimandi e permettono di farsi un quadro psicologico del marito di Lena e della stessa donna piuttosto scarno.
Ciò che è importante precisare è che “Annientamento” fugge da una spiegazione univoca. Per essere ancor più specifici è un film che ripudia totalmente qualsivoglia espediente didascalico. Tutto è ermetico, incerto, e nulla è chiaro completamente. “Annientamento” vuol frastornare gli spettatori, indurli a una riflessione dettata più dallo spaesamento che dalla profondità della tematica trattata dal film in sé.
“Annientamento” è una costante oscillazione tra la bellezza e la repulsione, tra lo stupore e la paura. Sentimenti contrastanti che trovano terreno fertile per fiorire ed espandersi senza alcun freno in quella costruzione rocciosa che sorge nei pressi di una spiaggia deserta, per l’appunto, quel faro cui facevo cenno inizialmente. Da quella torre è venuto fuori un chiarore radioso, gradevole e stupefacente, ma tra i meandri di quei territori coperti proprio dalla stessa “cupola” siffatta di luce e colore, la natura e la vita stanno cambiando radicalmente, lasciando coloro che osservano tali mutazioni esterrefatti ma anche tremendamente spaventati. La forma di vita aliena che giace e si manifesta all’interno del faro è discesa sulla Terra e ha cominciato a invadere ciò che circondava lo spazio che essa occupava con insistenza, espandendo i propri limiti e avanzando senza compendiare confini. Non è evidente se l’alieno stesse annientando la vita così come la conosciamo nella sua naturalezza o se stesse semplicemente “cambiando” il tutto. E’ la trasformazione inaspettata la chiave di lettura del film, la mutazione genetica e cellulare. Il film inizia proprio con l’osservazione di una cellula tumorale che muta. Che l’alieno stesse operando sulla Terra e sulle forme di vita non scampate alla sua presa come fosse una malattia? In tal caso, “Annientamento” potrebbe essere riletto come la rivisitazione di un male incurabile che attacca la vita vigorosa e indomita così come la conosciamo fino a prostrarla dall’interno, come un malessere invisibile, che agisce nell’ombra, salvo poi palesarsi, deformando un’esistenza senza alcuna clemenza.
Ma il gravoso malanno esacerbato dall’alieno non conferisce deturpazione in ogni dove. I fiori nati da una pianta comune ma che presentano gli aspetti di specie differenti, tutti legati alla medesima radice, non generano orrore alla vista, tutt’altro, quasi incanto e curiosità. E così anche i cervi, i cui palchi sono stati contornati da fiori ricchi di vivezza cromatica, non disturbano, anzi allietano il cuore e sono gradevoli alla vista. Sembra che tale male perpetrato da una “malattia” aliena non sia così seccante da osservare.
Ed è per distorcere tale premessa che si palesano le altre terrificanti conseguenze dell’esposizione a un tale “cancro”, ovvero le bestie mutate in maniera dissennata nell’aspetto: un grosso coccodrillo, le cui fauci nascondono una sfilza di denti somiglianti a quelli degli squali, o un gigantesco orso che divora una preda umana e ne ruba e conserva il grido disperato, ripetendo, quando emette i suoi versi, l’implorazione “aiuto, aiuto” in una delle scene più angoscianti dell’intero film. Ancora, le sagome di “persone” immobilizzate e visibili come un miscuglio di tronchi, rami e fiori che spuntano dal terreno si alternano con i corpi devastati dei soldati divenuti un tutt’uno con le mura degli edifici. Da una parte vi sono “i simboli” dell’uomo amalgamato alla Terra e alla natura, dall’altra “le effigi” dell’uomo attaccato ai propri artifici e alle proprie costruzioni.
“Annientamento” è una miscellanea tra fantascienza e orrore, tra meraviglia estetica e mostruosità orripilante. La seconda parte del film, in cui Lena si trova faccia a faccia con quella forma di vita extraterrestre che si muove a specchio, di riflesso, mimando i movimenti della donna fino anche a replicare il suo aspetto, offre agli spettatori la contemplazione di un’esperienza mistica, psichedelica, in grado di lasciare il segno. Al termine del suo viaggio, Lena tornerà ferita nel corpo e sconvolta nell’animo. Cosa sarà di lei? Ciò che è rimasto del “marito” cambiato, e quello che è mutato in lei, elemento manifestatosi dal cambiamento delle iridi, cosa potrà portare? La nascita di una nuova e imprevedibile vita generata da una coppia tornata a relazionarsi e soggetta alla mutazione? Quesiti che non troveranno risposta poiché strumenti necessari ad espletare una riflessione e non a dare una certezza.
L’opera di Garland, pur migliorando nettamente nella seconda parte e potendo contare su una costruzione scenica fantastica, dà l’idea d’arenarsi sul “mascheramento” delle tematiche, tanto da non volerle palesare per paura di doverle approfondire. Per tale ragione, la pellicola finisce per concedere ai temi trattati non molto di più di un rimando, non più di un accenno. “Annientamento” è un film discreto, certamente profondo, che tuttavia sarebbe potuto apparire migliore. Il film permane fino alla fine in uno stato d’architettato ermetismo, d’inaccessibile chiusura e inintelligibile spiegazione. “Annientamento” vuol “fare” e “comunicare” con pienezza, ma soffre il fatto di non riuscirci mai fino in fondo. Sarebbe bastato ben poco per rendere maggiormente fruibili i messaggi scelti e occultati con troppa dedizione. Alle volte è ben più arduo inscenare con intenzione critica e analizzare con “occhio metaforico” una serie di concetti con maggiore cristallinità che nasconderli dietro indizi disseminati qua e là.
Voto: 7/10
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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