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Quando Cesare scrisse il “De bello Gallico” si prefisse l’obiettivo di narrare e descrivere minuziosamente gli usi e i costumi della civiltà gallica e barbarica. Nonostante tale saggio venga considerato un corpus storiografico di straordinario valore, molti studiosi rimproverano al Console di aver volutamente dimenticato la trattazione delle vicende militari di un piccolo villaggio dell’Armorica, popolato da irriducibili Galli capaci di resistere ora e sempre agli invasori romani. A colmare tale lacuna, ci pensarono però René Goscinny (sceneggiatore) e Albert Uderzo (disegnatore) restituendo ai testi scritti le gesta di quei galli, che senza risparmiarsi, non cedettero mai al dominio bellico dell’Impero Romano.

Sarebbe un’introduzione questa da far sobbalzare dalla sedia qualunque lettore appassionato di Storia Antica, sprovvisto però di una fine ironia o di una sufficiente conoscenza della letteratura a fumetti. E’ alquanto evidente che il villaggio a cui facevo cenno è frutto della fantasia di due autori francesi, e che non poteva in alcun modo essere trattato dall’imbattibile condottiero romano, poiché, a dire il vero, esso non è mai esistito. Goscinny e Uderzo sono in verità i creatori di “Asterix e Obelix”. I due trassero spunto proprio dalla conquista della Gallia, ambientando la storia del fumetto attorno al 50 a.C. per creare un villaggio cinto da mura salde ma piuttosto rudimentali se paragonate alla gloria architettonica dell’Impero Romano, in cui vivevano Asterix e Obelix. I due autori trattarono con raffinata e surreale ironia le avventure di ambedue i guerrieri gallici, intenti a difendere il loro villaggio con l’ausilio di una pozione magica creata dal Druido Paronamix. L’atmosfera storica, la comicità sarcastica e l’elemento soprannaturale costituiscono la ricetta vincente per il successo di questo fumetto francese, che vide la luce della sua prima pubblicazione nel 1959. Protagonista della storia è Asterix, un gallo baffuto e bassino ma arguto e coraggioso che affronta gran parte delle sue avventure col fraterno amico Obelix. Quest’ultimo è sin dal primo approccio visivo l’opposto di Asterix: alto, imponente, pingue e pacioccone, con due grossi baffi rossi e i capelli raccolti in due treccine del medesimo colore che fuoriescono da un elmetto dalle corna ridotte. Se Asterix è accorto, intelligente, scaltro e sicuro di sé, Obelix è invece sensibile, emotivamente fragile, bonaccione, ingenuo e permaloso.

Obelix è da sempre stato uno dei miei personaggi preferiti dei fumetti. Ciò che ne può venir fuori dall’analisi caratteriale di questo personaggio è quanto di più originale si possa trovare nel fumetto di “Asterix”. Quando era poco più che un bambino, Obelix veniva tartassato di offese e prese in giro da parte degli altri suoi coetanei poiché sempliciotto e incapace di difendersi. Spronato dall’amico Asterix, decise di introdursi di soppiatto nella casetta del druido per bere un sorso della pozione destinata ai guerrieri adulti del villaggio. Accidentalmente, però, Obelix cadde nel paiolo e bevve tutta la pozione in un sol sorso. Il druido, quando lo trovò adagiato sul fondo del paiolo, restò basito nel vedere che il piccino stava bene e non aveva riportato alcuna anomalia. Ciò in realtà non era così, e infatti Obelix cominciò a sviluppare una forza erculea permanente. Da allora nessun altro bambino lo prese più in giro. La forza di Obelix crebbe di pari passo con il suo sviluppo fisico. Egli possiede tale potere sin da quando ne ha memoria, come fosse una caratteristica peculiare del suo essere. Obelix non è quindi propriamente cosciente della sua capacità ma la reputa un qualcosa di assolutamente normale, come noi possiamo ritenere usuale una qualunque delle nostre abilità che ci risulti familiare. Obelix può sollevare carichi dal peso apparentemente illimitato e affrontare orde di legionari romani con una semplicità disarmante. Ciò che per lui è ordinario per noi è assolutamente straordinario. Tale naturalezza viene espressa dal suo viso per nulla sorpreso quando dimostra la propria forza e dai suoi modi di fare affabili e gioviali: Obelix possiede l’umiltà tipica delle persone di buon cuore.

Obelix è un abile scultore, intaglia e livella megaliti giganteschi, chiamati Menhir, che commercializza in tutta la Gallia, trasportandoli egli stesso sulla sua schiena con la sua solita andatura spontanea. Obelix ama passeggiare all’aria aperta, malmenare i romani, prendersi cura del cagnolino Idefix e cenare attorno al fuoco, gustando cinghiali arrosto di cui è ghiottissimo. Uno dei suoi grandi punti deboli è proprio il cibo: Obelix è infatti sempre affamato, pervaso da una voracità insaziabile. Non riuscendo a controllare il suo smisurato appetito, viene spesso definito “ciccione” da chi lo osserva e ciò lo manda su tutte le furie. Obelix rappresenta la forza fisica mescolata all’animo fragile e facilmente intaccabile. Ciò che la sua forza ineguagliabile riesce a conferirgli esteriormente non garantisce la medesima protezione interiore, e se Obelix risulta praticamente imbattibile sul fronte battagliero è, al contempo, vittima di tristezza e infelicità per via anche della sua profonda sensibilità. Obelix è una specie di gigante d’argilla, forte e imbattibile fuori, suscettibile e insicuro dentro. Egli reca sempre in sé questa sorta di dualismo in cui viene contrapposta la forza bruta con l’emotività più sincera. Obelix sembra a volte candido e sognante, distratto e perennemente sulle nuvole come un bambino, rimarcando ancor di più la differenza tra il suo aspetto, ruvido e minaccioso, col suo carattere, timido e impacciato, questo sempre se non viene provocato. Obelix è altresì romantico e tende a commuoversi quando ascolta una storia d’amore.

Obelix è innamorato perdutamente di Falbalà, la più bella delle ragazze del villaggio. L’ultima volta che Obelix la vide erano entrambi nient’altro che giovinetti. Per anni Falbalà studiò a Condate, l’odierna Rennes, per poi rientrare al villaggio una volta terminati gli studi. Obelix ammirò per la prima volta Falbalà quando giunse nuovamente a casa come una donna appena sbocciata nella sua femminilità, restando immediatamente folgorato dalla sua prorompente bellezza. Falbalà ha dei lunghi capelli biondi che le scendono giù per le spalle fino a sfiorarle le ginocchia, e indossa spesso una veste azzurra e bianca, con una fascia orizzontale di color blu quasi all’altezza delle caviglie. Il suo modo di vestire ricorda gli ampi pantaloni di Obelix, a strisce verticali bianche e azzurre.

Obelix corteggia Falbalà

 

In alcune storie l’amore che Obelix prova per Falbalà presenta delle influenze di fiabe classiche, come quando l’eroe gallo, rimasto pietrificato, venne risvegliato dal sonno eterno proprio da un bacio della giovane. Obelix tenta di conquistare Falbalà più volte ma con risultati deludenti. La sola visione della donna manda in tilt Obelix che comincia a mostrarsi goffo e pressoché esitante dinanzi a lei. Come nelle storie dal finale per nulla scontato, in cui il lieto fine non è ciò che il lettore deve aspettarsi, l’amore provato da Obelix per Falbalà è destinato a non trovare compimento. Falbalà sposerà il muscoloso Tragicomix, gettando, involontariamente, Obelix nello sconforto.

Nell’adattamento cinematografico del 1999 Obelix è interpretato dal grande attore francese Gerard Depardieu, mentre Laetitia Casta dona le sue sinuose forme all’interesse amoroso dell’eroe, appunto Falbalà. La dama arriva al villaggio su di un carro trainato da un asinello. Ella si mostra per la prima volta emergendo da un drappo che la celava come passeggera all’interno del barroccio. Obelix, intento come sempre a cenare, la vede da lontano, poco prima che Falbalà gli sorrida e lo chiami per salutarlo. Lei lo ricorda quando era un ragazzino, meno alto e meno corpulento, e lo abbraccia dimostrandogli tutto il suo affetto e posando un bacio sulla di lui gota. Depardieu prestò tutto il suo talento al personaggio comico di Obelix, riuscendo a combinarne l’audacia e la spavalderia con la timidezza e quel suo essere tanto impacciato dinanzi alla dolcezza di Falbalà. La reazione dell’attore è straordinariamente comica, tant’è che Obelix a livello espressivo resta come “colpito da un fulmine”, perdendo persino il suo incontenibile, leggendario appetito. Cosciente però che il suo amore non verrà ricambiato dalla dolce fanciulla, sul finale, Obelix, dopo aver vinto la battaglia contro le forze di Roma, fa bere alla sua innamorata un sorso di una speciale pozione concepita da Panoramix. Tale brodaglia ha il potere di “sdoppiare” la persona che la beve, creando una sorta di “alter-ego” vivo e senziente per poco, non più di qualche minuto. Obelix lascia andare via la vera Falbalà che lo saluta con un sorriso, mentre resta seduto su di una panchina a contemplare il plenilunio con la Falbalà nuova “nata” dalla pozione. In una magica illusione, Obelix finge, per pochi istanti, di venir ricambiato dalla donna che ama, ma quando si volta per darle e ricevere un solo bacio, lei svanisce in una bolla di sapone, volteggiando, per poi disfarsi nel cielo, lasciando così ancora una volta solo un inconsolabile Obelix.

Nella sua solitudine però Obelix non lascia mai trasparire una vena drammatica quanto una malinconica resa al fato, un destino accettato con garbo e rammaricato consenso. Nel proprio contrasto caratteriale Obelix trova il suo equilibrio, riuscendo a reagire e a restare sempre in piedi. La sua fragilità emotiva viene compensata dalla sua vigoria, la sua timidezza viene attenuata dalla sua robustezza, in un continuo gioco delle parti che permette a Obelix di restare se stesso e di superare qualunque avversità con la spensieratezza di un nobile eroe, dal portamento non certo cavalleresco, ma dalla possanza di un vero Gallo. Una semplice ma efficace lezione di vita: essere sempre se stessi per quanto difficile possa essere.

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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