
Non avete mai udito alcuna parola fuoriuscire dalla mia bocca. Sono solito esprimere le mie perplessità con fugaci esternazioni, monosillabi eloquenti o cartelli estemporanei. Tuttavia, agognavo da tempo di trascrivere i miei tormenti su di un foglio di carta. Non potendo voi fantasticare circa l’intonazione della mia voce e se essa sia, in verità, roca, gutturale, pastosa, tenue o sommessa, vorrei chiedervi di limitarvi a leggere i miei pensieri come fossero monologhi laconici e afflitti. Le seguenti riflessioni saranno ben più corpose delle mie consuete proliferazioni e saranno, a me, utili per descrivere quel senso di arrendevolezza a cui ho ceduto, mal volentieri…
Dev’essere qui, da qualche parte. Ne sono certo, l’ultima volta che l’ho visto era qui, oppure laggiù, insomma nelle vicinanze. Devo averlo inavvertitamente sepolto sotto cumuli di attrezzi che hanno fatto cilecca, invenzioni infruttuose, catapulte difettose e micce troppo corte. Dove accidenti si è cacciato? Ah, eccoti qua, finalmente l’ho trovato! Il dizionario!
Guardiamo nel vocabolario, dunque, “perdente” dovrebbe essere un aggettivo, derivato dal verbo… “perdere”… perdere… lettera “P”. “P”… eccola qui! “P!” Qui c’è scritto che perdere, solitamente, significa smarrire. Ricordavo bene, allora!
Giusto l’altro giorno, riflettevo sul valore semantico di questo “lemma” (è vero, io ragiono sulla semantica, che accipicchia avete da guardare?!). Era un dì di fine agosto, soleggiato e alquanto afoso. Nei mesi estivi, in queste gole del Monument Valley, la canicola domina fin dove gli occhi di un vecchio coyote possono vedere e il pellame anche solo immaginare. Da che ho memoria ho sempre vissuto in questi luoghi. Questo smisurato altopiano è casa mia, conosco tutti i suoi segreti, e non lo lascerei mai.

Come stavo raccontando, quella fu per me una giornata del tutto simile alle precedenti, or dunque tristemente inconcludente. Beep Beep procedeva col suo passo lesto sui pianori, burlandosi di me, ed io me ne restavo seduto sulla sommità di una guglia che cedeva sul vuoto, a leccarmi le ferite. Neanche a dirlo, il massiccio roccioso si frantumò d’improvviso, e io caddi giù. Mentre precipitavo lentamente, tra le risate e gli sberleffi di quel dannato corridore del Grand Canyon, cominciai a meditare sul mio infausto destino. A seguito dell’ennesimo schianto, non appena ripresi coscienza (non ci volle molto, questione di abitudine) giurai che mai più avrei dato la caccia a quel demoniaco uccello, che avrei raccolto tutti i miei effetti e me la sarei data a gambe. Prima di accingermi a partire, mi recai nella caverna in cui ero solito accatastare tutto il mio temibile arsenale. Temibile per il sottoscritto, si intende. Fu quello l’attimo in cui volli consultare il dizionario, sopraffatto dalla curiosità. Se sono davvero un perdente, vorrei comprendere il perché!
Dunque, consultando il verbo “perdere”, inizio a interrogarmi su cosa tutti noi perdiamo. Più spesso di quel che si creda, perdere equivale a smarrire. In effetti, si possono smarrire tante cose durante l’arco vitale. Oggetti preziosi, cianfrusaglie care, amori divenuti poi remoti ed elusivi. Si possono perdere voglie e desideri, speranze e motivazioni. Queste ultime sono le più pericolose da obliare. Se le speranze di un domani luminoso e che volga a nostro favore si dissolvono nel nulla e se gli stimoli, quelli che ci spronano ad andare avanti, si disgregano e volano via, trascinati lontano dal vento, la vita cede ineluttabilmente alla sconfitta. Perdere vuol dire altresì subire una sconfitta, incassare un fallimento, soggiacere ad un fiasco. Quando gli insuccessi sono molteplici e si presentano uno dietro l’altro, come un corteo dell’ingiustizia o una sfilata della iella, mantenere una motivazione diventa tutt’altro che facile. Io ne so qualcosa, perdo da tutta una vita.

E quindi, mi trovo ad un bivio: se mandare tutto in malora o crederci ancora. Sapete, al momento non ho più tanta voglia di assistere al disfacimento di ogni mio accurato piano, o di osservare le mie invenzioni che, senza una giustificazione scientifica, mi si ritorcono contro. Non ho desiderio alcuno di mirare il volto di quel pestifero uccellaccio.
Eppure, non capisco in cosa io sbagli. Un fato avverso grava sulle mie orecchie lunghe e sul mio naso pronunciato. Qualunque cosa io tenti di fare trova un esito disastroso. Esiste davvero la disgrazia calcolata?
Al termine di una giornata buia, sfortunata, in cui sono accadute tante cose che non avreste voluto, avete forse indugiato a pensare ad una forza immateriale, che deriva dall’alto e indirizza il vostro corso? In molti credono che si nasca sotto una buona o una cattiva stella, come se il cielo custodisse le nostre sorti. Com’è che dite voi uomini? Ah sì, c’è chi nasce con la camicia! Ed è molto fortunato. C’è chi, invece, viene al mondo e si sente perseguitato dalla sventura. Coloro che confidano in ciò, credono che ogni “piccola sciagura” sia dettata da un caso burlone, come se la dea bendata giocasse con i poveri mortali. Invero, sono certo che per voi esseri umani siano poco più che mere superstizioni sciocche.
Per quanto riguarda il sottoscritto, questo canide simpaticissimo nonché molto intelligente (sono gli unici complimenti che mi concedo), beh la situazione è radicalmente diversa. Perdonatemi, mi sono appena reso conto di non essermi presentato: come già detto sono un coyote, e mi chiamo Wile E.!
Io sono un cartone e vivo tra gli spazi circoscritti dell’animazione per il volere di un disegnatore e di uno sceneggiatore. Posso affermare che la mia esistenza è davvero influenzata da qualcuno che sta al di sopra di me, tra le nuvole bianche che sovrastano le gole del Canyon. Talvolta, quando scende la notte e le tenebre della volta celeste avvolgono il paesaggio come una coperta di stelle, mi distendo sulla superficie rocciosa e guardo il cielo della sera. Mi domando perché coloro che mi hanno inventato, che mi hanno dato contorni e colore, non vogliano che vinca mai. Come mai sono destinato ad essere un eterno perdente?
Non voglio biasimare i miei creatori. Loro mi hanno conferito parecchi pregi, seppur io stesso faccia fatica a riconoscerli. Taluni mi giudicano un genio, certuni un prodigioso inventore, un artista ed un maestro della prospettiva. Ne sono consapevole, per tutti io – Wile - sono un ideatore stupefacente. Ogni congegno sapientemente progettato, ogni trappola abilmente costruita sui suoli impervi di questo panorama desertico, è un gioiello. Ma la sfortuna a cui sono condannato annienta ogni tecnologia, piega la scienza all’astrattismo, la logica alla comicità. Ecco che se disegno una galleria rappresentata, prospetticamente parlando, alla perfezione su di una parete per farci sbattere contro Beep Beep, esso riuscirà, incredibilmente, a oltrepassarla indenne. Se solo io ci provassi, non potrei fare altro che infrangermi contro il muro. Beep Beep può camminare sull’aria, io, al contrario, subisco gli effetti della gravità. Per un po’, durante i nostri inseguimenti sospesi tra il cielo e la terra, riesco a percorrere un impalpabile tratturo fatto d’aria, ma quando mi accorgo che sotto le mie zampe non vi è alcun sentiero, di colpo, piombo giù. Non è cattiveria questa?
Ok, lo ammetto! Per come vengo rappresentato, sono io il cattivo di queste storie. Beep Beep è lo scattista che fugge via, che salva sempre la pelle, la preda. Io sono, invece, il cacciatore che vuol papparsela. Non sono buono, sono un predatore. Un predatore che sempre perderà la sua preda.
E’ per questo motivo che ho deciso di lasciarmi tutto dietro le mie spalle pelose. Devo ammettere, però, di essere un antagonista decisamente amato. Tutte le storie che mi riguardano mi vedono sempre al centro della scena. Beep Beep è un miraggio, compare e scompare con la rapidità di un ghepardo. L’occhio del pubblico viene rivolto verso di me. Sono un antagonista ma anche un protagonista. In questo, quantomeno, so di essere speciale.
Se andassi via, cosa troverei all’orizzonte? Forse, se non cacciassi più Beep Beep manterrei la pellaccia al sicuro da abrasioni e rocambolesche cadute, ma sarei felice? Sto perdendo le speranze di acciuffarlo, sto perdendo le motivazioni e queste sono le cose più gravi da smarrire. Ma che senso avrebbe cercare di acchiapparlo se i disegnatori o gli scrittori faranno sempre di tutto per farmi mancare la presa?
Ho capito! Se riuscissi davvero a prenderlo verrei privato dei fattori pungolanti della mia esistenza! Diventerei come un vecchio ispettore dal cappotto beige che insegue un ladro in un altro cartone. Se questo ispettore riuscisse a mettere il suo avversario dietro le sbarre, cosa farebbe da lì in avanti? Per noi inseguitori, la corsa è davvero tutto. Non ci interessa raggiungere la meta, a noi interessa solamente correre. Che diavolo stavo per fare? La mia speranza è accalappiare Beep Beep! Se non ci riuscissi nell’immediato ben venga, avrò altri mille tentativi per provarci. Se ce la facessi davvero, beh… forse dovrei liberarlo per predarlo ancora, e poi ancora.
E’ questo, dopotutto, che rappresento! Wile è ardore, coraggio, tenacia. Wile non si arrende mai, combatte strenuamente per un volere irrealizzabile. La mia intelligenza viene frenata dalla mia sventura, il mio talento dalla mia scalogna. Ciononostante io non demordo, non capitolo, poiché sono il più vittorioso tra i perdenti. Il secondo per eccellenza, la medaglia d’argento che non si tramuterà mai in oro. I miei creatori mi hanno reso un eterno perdente così che possa ispirare tutti coloro che mi osservano a non arrendersi mai. Io sono la sconfitta che genera il sorriso, la disfatta che concepisce la risata, perdo così che voi possiate ridere ed essere felici e con la mia tristezza, elargisco gioia.
Scendo giù da questa mia caverna sita sul picco di una montagna. Cado rovinosamente a terra ma non m’importa. Raggiungo il cactus più vicino. Proprio lì, tra il verde e le spine aguzze, c’è un telefono. Compongo un numero molto velocemente; dall’altro capo della cornetta risponde la mia nemesi: “Beep Beep, ti va di ricominciare a correre?”
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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