
- Mostri si nasce?
Cos’è che fa di un mostro quello che è? Cos’è che lo rende tale?
Ad essere del tutto sincero, me l’ero già posta questa domanda… Proprio qui. Ma in quel caso si trattava di un’altra storia. Adesso, beh, la questione è diversa, lievemente più ingarbugliata, mettiamola così.
Di primo acchito, risponderei che un mostro è tale perché è stato creato in quel modo. Egli è un essere soprannaturale, uno spirito fosco, ignoto, che mette spavento a causa del suo aspetto distorto, del suo corpo deforme. Un mostro nasce mostro e non può fare nulla per non esserlo. Del resto, i mostri sono creature obbrobriose, truci, orripilanti, macabre… Mostruose per l’appunto. Le loro sembianze ripugnanti sembrano precedere le loro subdole intenzioni. Un mostro è malvagio perché la sua natura lo spinge ad esserlo. La crudeltà è un istinto per lui - vecchio di secoli e secoli - una peculiarità, l’elemento fondante del suo essere. Almeno, è ciò che crediamo con convinzione.
La crescita e la maturazione, per un mostro, non sono altro che fasi transitorie, necessarie per raggiungere uno status già prestabilito e che non può essere in alcun modo alterato. Egli è un servo del male, è quella la sua unica vocazione. E se così non fosse? Se i mostri non nascessero sempre malvagi come crediamo?
Beh, se fosse realmente così allora i mostri somiglierebbero agli esseri umani ben più di quanto asseriamo. Dopotutto, anche noi uomini non possiamo definirci tutti… Buoni. Anche tra noi si celano i cosiddetti “mostri”, i perfidi, i vili, i violenti, i “diavoli” la cui oscurità se ne resta appartata, occultata da uno strato di linda epidermide e da uno sguardo che, una volta incrociato, non lascia trapelare nulla di anormale.
Ma cos’è che rende un mostro malvagio? E - applicando lo stesso ragionamento potremmo chiederci inoltre - cos’è che rende improbo un essere umano?
I mostri sono sovente descritti come feroci, maligni, orrendi, sozzi, rattrappiti e scheletrici, scavati e informi, viscidi e subdoli. Ma vengono al mondo necessariamente con determinate caratteristiche? Oppure esse si formano pian piano? E, se così fosse, quali fattori influenzerebbero i tratti distintivi del comportamento di un mostro o, nel nostro caso, di una persona come un’altra?
Tante domande a cui è forse difficile dare una risposta. Sarà forse l’ambiente a condizionare l’essere - mostro o uomo che sia - magari l’educazione, l’affetto profuso dai genitori nei riguardi del proprio figlio?
Chi può mai dirlo! Eppure un mostro, tempo fa, comprovò che si diventa ciò che si sceglie e si cerca di essere, e che la propria indole non potrà mai prevalere sulla propria volontà. (A proposito di creature che scelgono cosa vogliono diventare... Fai un salto da queste parti).
- Il ragazzo dell’inferno
È l’aprile del 2004: nelle sale di tutto il mondo esce “Hellboy” di Guillermo Del Toro, trasposizione in pellicola del celebre fumetto di Mike Mignola, edito dalla Dark Horse.
La storia ha inizio in una piovosa notte d’autunno. È il 9 ottobre del 1944, sono gli ultimi scampoli del Secondo conflitto mondiale. Hitler sta tentando un’ultima, disperata sortita per volgere l’esito della guerra nuovamente a suo favore. Il Fuhrer ha inviato il suo sicario più fidato e letale, Kroenen, su un’isola della Scozia per prestare supporto allo stregone Rasputin, intento a portare a termine un rischioso rituale. Con le sue arti oscure Rasputin apre un portale, una breccia che dà su un’altra dimensione per evocare un demone che possa guidare le milizie del Terzo Reich al trionfo.
Le forze alleate, intercettato e seguito il plotone tedesco, irrompono sulla scena e impediscono al rituale di compiersi. Nel disordine della battaglia, Kroenen viene trafitto da una lama metallica e apparentemente spira sotto l’incessante lacrimare del cielo. La breccia si chiude e Rasputin viene risucchiato al suo interno. (Rasputin è un cattivone anche... Qui.)
Nel buio della notte è piombato un sottile silenzio. L’unico rumore rimasto nei paraggi è prodotto dall’eco lontana e sempre più affievolita dei colpi di pistola scoccati durante il fragore del combattimento. Dal portale non è fuoriuscita alcuna entità minacciosa. Perlomeno, così parrebbe.
Tra le forze alleate presenti sul posto quella sera figura un giovane, il professor Trevor Bruttenholm. Questi non è del tutto convinto, crede che il portale sia rimasto schiuso a sufficienza e che qualcosa possa essere venuto fuori. Osservando attentamente il perimetro, scrutando nell’oscurità col favore di una torcia, Trevor nota una fuggevole ombra muoversi fra le macerie di un edificio diroccato. I militari si lasciano prendere dalla paura, uno di essi fa partire una raffica di mitraglietta. Trevor lo ferma di scatto. Vuole vedere di che cosa si tratti.

Lassù, in alto, su di una sporgenza, brilla una macchia rossa. Essa saltella scattante, guizzando fra i ruderi, lasciando intravedere due occhi scintillanti. Trevor comprende immediatamente di avere a che fare con un’entità giunta dall’altro mondo e che essa non è che un cucciolo. Da una delle sue tasche l’uomo tira fuori una merendina, le dà un morso e invita l’esserino a fare lo stesso. Con la mano la creaturina afferra il dolcetto e se lo porta alla bocca, trovandolo di suo gradimento. Si getta poi tra le braccia del professore, il quale lo accoglie come fosse un bambino.
Una volta portato alla luce, il mostriciattolo rivelerà d’essere una sorta di diavoletto, con tanto di corna a spuntargli sulla fronte. Questi si mostra mansueto, adorabile, giocherellone, tant’è che riuscirà a conquistare all’istante le simpatie di tutta la truppa.
I soldati sceglieranno un nome di grande risonanza per il piccino: Hellboy, il ragazzo venuto dall’inferno.
- Il Portatore di Luce
Ma cos’e che spinse gli alleati a tenere Hellboy con loro e a proteggerlo? Cosa videro in lui? Perché i loro timori iniziali svanirono non appena posarono gli occhi sul piccino?
Per quanto ne sapevano quell’entità era sbucata dal nulla o, per meglio dire, era approdata da una dimensione sconosciuta. Hellboy era un “mostro” - su questo non vi erano dubbi - la sua forma era decisamente inconsueta. Egli rassomigliava ad una creatura diabolica, sinistra. Ciononostante, sembrava un essere capitato lì per errore, un bimbo innocente, sorridente, bisognoso di protezione e ghiotto di dolci. Per tale ragione i soldati lo trassero in salvo, convinti che, crescendo, Hellboy non sarebbe mai diventato un vero “mostro”, parola attraverso la quale, nel linguaggio comune, descriviamo le creature “inaspettate” e, a prima vista, intimidatorie.
I militari, quella notte, misero da parte i loro pregiudizi e non giudicarono il demonietto in base al suo aspetto inusuale. Essi gli diedero fiducia, consapevoli che non può essere la sola origine di un essere a determinare il suo avvenire. Pertanto il diavoletto crebbe tra gli uomini, allevato dal professor Trevor: un padre impreparato per un figlio indesiderato.
I valori trasmessi dal padre adottivo, il credo nelle forze del bene, nei princìpi della religione cristiana, avrebbero lentamente plasmato il carattere di Hellboy. Il diavolo sarebbe stato allevato come un uomo e, un domani, sarebbe asceso al ruolo di salvatore dell’umanità, un guerriero della luce.
Come già detto Hellboy giunse nel nostro mondo da un luogo inesplorato e irraggiungibile. Egli precipitò sulla Terra un po’ come accadde a Lucifero, il diavolo per eccellenza, piombato dal cielo in una notte umida e fittissima. Non appena Lucifero toccò il suolo terreste, una voragine si aprì sotto di lui e lo inghiottì fra le sue fauci. La Terra provava disgusto nei riguardi dell’angelo caduto, non volle farsi lambire dalle sue ali nere, dunque si piegò su sé stessa, generando uno sprofondo ad imbuto attraverso il quale Lucifero colò a picco, raggiungendo, infine, la superficie di un reame tetro e innominabile che da quel momento in poi sarebbe divenuto il suo regno, l’inferno.
Il diavolo - secondo quanto recita uno dei tanti racconti tradizionali - era nato come uno spirito benevolo, un angelo del Paradiso, le cui ali argentee emettevano un barlume raggiante come la Stella del Mattino. Splendido in volto, Lucifero era conosciuto come il Portatore di Luce, il più bello ed il più adorato dei primi figli di Dio. Ben presto il suo cuore cambiò, si fece arido. Egli divenne sempre più superbo, borioso e tracotante. Geloso delle premure che Dio nutriva per la seconda delle sue creazioni più vive e perfette, l’essere umano, Lucifero cominciò a cospirare contro l’Onnipotente. Corruppe altri angeli, trasformò le loro ali candide in appendici nere e insorse contro quello che fu suo Padre e contro gli eserciti celesti.
Sconfitto, l’angelo venne scacciato dai suoi simili. Con il tempo Lucifero, sempre più corrotto dal male che albergava nel suo cuore, assunse un aspetto demoniaco: i suoi piedi si contorsero sino a diventare caprini, i suoi occhi si fecero rossi, profondi come due pozzi in cui non ristagnava più acqua limpida ma da cui si levavano fiamme ardenti, e sulla sua fronte crebbero due corna imponenti. Lucifero prese il nome di Satana, completando la sua mutazione in mostro.
Ma cosa condusse quell’angelo ad un simile destino?

L’ambiente in cui visse Lucifero era una pianura verde, incontaminata, in cui il bene regnava incontrastato, una brughiera illuminata da un raggio di sole eterno e inestinguibile. Il padre dell’angelo, Dio, si era preso cura di lui, ma non era bastato. Qualcosa di perfido si fece strada nel suo modo di pensare e di agire. Lucifero era propenso a covare indivia, a portare rancore, a coltivare propositi di vendetta. Non tollerava ciò che riteneva essere un tradimento perpetrato da Dio: avere anteposto nelle sue preferenze la razza umana a quella angelica. Il potere affascinava Lucifero, ed egli si volse alle tenebre. Da spirito candido divenne massimo artefice del male.
L’aspetto che nell’immaginario collettivo viene attribuito al diavolo - vale a dire corna affilate, coda oblunga, zoccoli ricoperti di peluria folta e scurissima - viene in parte rievocato dall’aspetto di Hellboy, il protagonista dei racconti avventurosi di Mignola e del lungometraggio di Del Toro.
L’eroe dei fumetti però - pur possedendo le sembianze che comunemente vengono attribuite al Lucifero irretito - risulta essere completamente opposto a quest’ultimo. Hellboy è nato in una dimensione demoniaca, in cui il caos domina come un autentico sovrano. Ma Hellboy fuggì da quel luogo, quasi inconsapevolmente, quando non era che un infante, attratto dal luccichio emesso dal portale; così facendo, la sua mente non è stata condizionata dal male che in quella regione smisurata vi abitava.
Hellboy nasce nel disordine e ha origine direttamente come mostro, eppure sceglie di dedicare la propria vita al bene. Lucifero, al contrario, sboccia come creatura angelica, prolifera in una dimensione paradisiaca, fatta di ordine, ma sceglie paradossalmente di voltarsi al male.
Lucifero odiava gli uomini, li disprezzava, giudicandoli figli deboli, imperfetti, facilmente corruttibili nonché inclini a macchiarsi di svariati peccati. Hellboy, invece, nutre per gli esseri umani una sentita ammirazione, ed è pronto a proteggerli a tutti i costi.
Pur essendo a conoscenza della sua natura, Hellboy - ribattezzato affettuosamente Red dal padre adottivo - non viene mai condizionato da essa. Il suo cuore è sincero, il suo animo nobile.
Ed è questo il punto focale della storia di Hellboy: è l’educazione, l’ambiente familiare in cui si cresce, sono gli insegnamenti positivi che si apprendono nel continuo progredire della vita – come la tolleranza, il rispetto verso il prossimo, l’amore e il perdono - a regolare il credo, la sfera etica e morale di un essere vivente dotato di coscienza e di spiccata intelligenza, non la natura. A tutto questo, va aggiunto un carattere personale propenso alla comprensione dei bisogni altrui, incline alla sensibilità, all’attaccamento, alla bontà.

Hellboy vanta una personalità virtuosa, arricchita dai precetti e dalle nozioni acquisite dal proprio genitore. Lucifero, differentemente, contava su di un carattere ambiguo e collerico, che non poteva essere in alcun modo impreziosito dai concetti formulati da Dio.
- L’indagatore dell’incubo
Sono trascorsi poco più di cinquant’anni dall’arrivo di Hellboy sulla Terra. Red ha visto tanti inverni, ma il suo viso non sembra mostrare i segni del tempo. La sua pelle scarlatta invecchia lentamente, e con essa anche la sua mente. Red ha sempre vissuto in segreto, sottratto a sguardi indiscreti, trascorrendo gran parte della sua infanzia nel Nuovo Messico, presso una base dell’esercito degli Stati Uniti.
Una volta cresciuto, il demone ha trovato occupazione come membro del BPRD, l’ufficio per la ricerca e la difesa del paranormale. In questa sede governativa Top Secret, egli non è la sola creatura straordinaria. Oltre a Red vi è, infatti, Abe Sapien, un umanoide anfibio con cui il protagonista ha intessuto una sincera amicizia.
Lavorando a stretto contatto con gli agenti dell’BPRD Red è diventato un agente a sua volta, specializzandosi nella caccia e nella cattura di pericolose entità. Hellboy è una sorta di indagatore dell’incubo, un investigatore dell’occulto, un ossimoro vivente: un diavolo che lotta contro le forze oscure.

Per il mondo esterno Hellboy è una vera e propria leggenda metropolitana, che ha ispirato tutta una serie di fumetti. Nel corso degli anni si è sparsa la voce circa l’esistenza di una creatura che compare di tanto in tanto e scompare con la stessa rapidità di un battito d’ali. Diversi testimoni giurerebbero di aver scorto la silhouette di un demone dal corpo fiammeggiante, avvolto in un cappotto tendente al giallo. Questi presunti avvistamenti del demone rosso sono eventi rari nella Grande mela newyorkese, screditati dai media. Coloro che hanno avuto la fortuna di mirare Hellboy hanno anche provato a immortalarlo, ma con scarsi risultati: quasi tutte le fotografie che testimonierebbero l’esistenza dell’indagatore sono infatti sfocate, poiché la presunta creatura si muoverebbe troppo rapidamente per essere fotografata.
La sagoma di Hellboy ha i caratteri del mito per i meno scettici, coloro i quali credono nella vera esistenza di una creatura dalla foggia minacciosa che si batte per proteggere la razza umana.
Nella prima parte del film, poco dopo la sua apparizione, Hellboy viene chiamato per combattere una terrificante creatura apparsa al museo di New York, Sammael, il seguace della resurrezione. Non è che l’inizio di una serie di eventi che porteranno Red ad imbattersi in Rasputin, lo stregone che lo portò sulla Terra quando era solamente un bambino, e che vuole che il demone ascenda al suo destino. Rasputin è stato riportato alla vita da Kroenen, scampato inaspettatamente alla morte. Il negromante vuole condurre il mondo sull’orlo del baratro: toccherà ad Hellboy fermarlo.
- Mostri umani
Il film del regista messicano si distingue anzitutto per la sua bellezza estetica: le creature che popolano l’universo di “Hellboy” appaiono vivide, realistiche, perfino plausibili, perfettamente inserite in un mondo variegato fatto tanto di verità quanto di immaginazione. Il mondo che Del Toro crea e modella nel suo lungometraggio è fedele alla poetica del cineasta, vale a dire un cosmo in cui fiaba e realtà si mescolano, coesistendo all’unisono. (Un'altra fiaba di Del Toro ti aspetta qui).
Nella vasta metropoli su cui veglia Hellboy vi sono umani e mostri, sebbene i primi ignorino l’esistenza dei secondi. All’alba e durante le ore diurne, le creature demoniache che minacciano l’armonia del creato così come lo conosciamo se ne stanno isolate, ma una volta che il sole va a morire ad ovest esse riemergono. Hellboy le affronta, agendo col favore della notte, senza mai farsi notare. Egli vigila sul destino dell’uomo come un eroe senza volto. In tutto ciò, l’essere umano comune porta avanti la sua routine completamente ignaro di ciò che lo circonda davvero, dimostrazione di quanto l’uomo, sebbene si ritenga l’animale maggiormente sviluppato nella scala evolutiva, continui ad annaspare nell’inconsapevolezza di ciò che l’universo ha in serbo per lui.
“Hellboy” è un romanzo visivo fatto di leggende, folklore, superstizione e di autenticità, una favola dai contorni orrifici attraverso cui il terrore abbraccia il tangibile. La pellicola di Del Toro spicca, altresì, per la cura nel delineare la personalità dei protagonisti, tutti mostri, a loro modo, resi incredibilmente umani, con i loro punti di forza e, soprattutto, con le loro molteplici debolezze.

Red - il personaggio cardine della vicenda - è tanto eroico, ironico, sprezzante e spavaldo quanto infantile, geloso, insicuro e ancor di più spaventato da un cupo destino che pende su di lui. Dietro la scorza coriacea di Hellboy – oltre l’ironia pungente e irresistibile che gli conferisce l’aria di un eroe solitario ma strafottente e costantemente di buon umore - Red rivela un animo tormentato e, al contempo, intimorito dal suo passato avvolto nel mistero. Red, nel suo intimo, vorrebbe, forse, essere un uomo normale ma non può far nulla per intervenire sulle proprie fattezze o per attenuare il proprio potere. Quindi, non avendo alternative, si accetta così com’è, impiegando le proprie forze per uno scopo superiore.
Tratto distintivo della personalità umana di Hellboy è l’affetto che egli nutre nei confronti del padre. Più volte, Red lascerà venire a galla la sua paura più grande: deludere il papà, a cui è legatissimo. In una particolare scena, il diavolo, non appena vedrà il genitore – appena rincasato - nasconderà dietro la sua schiena il sigaro che è solito fumare quando è in missione o, semplicemente, quando è solo: tenero segno che dimostra come anche un diavolo grande e grosso possa avere paura del rimprovero della persona a lui più cara.
Oltre che per il padre e per l’amico Abe, Red prova un affetto pressoché smisurato per Liz, il grande amore della sua vita. Questo sentimento verrà sfruttato da Del Toro per rimarcare il fatto che anche un mostro può essere in grado di amare incondizionatamente. (Un altro mostro in grado di amare vive nel ventre di un teatro, da queste parti).
Abraham Sapien, uno dei protagonisti della storia, l’uomo anfibio fedele amico di Hellboy, è pacato, compassato, saggio e flemmatico. Anch’egli privo di una esistenza normale e costretto, suo malgrado, a vivere di nascosto, Abraham mostra la parte più umana della propria indole attraverso la sua delicatezza, la sua sensibilità, la sua empatia. Non è un caso che tra le sue facoltà principali ci sia il potere di sentire le sensazioni del prossimo. Poggiando il suo arto su una superficie lambita da un altro essere, o toccando direttamente il corpo di un suo interlocutore, Abe può sentire l’aura di chi ha dinanzi, leggere dentro di lui, comprendere le sue intenzioni o i suoi veri sentimenti. L’umanità di questo “mostro” sta proprio nel suo essere profondamente attento alle emozioni altrui. (Un mostro somigliante ad Abe attende il tuo arrivo proprio qui).
Elizabeth Sherman è una ragazza dotata di un potere tanto grande quanto pericolosissimo. Ella può generare delle fiamme dal suo corpo, ma non sempre è in grado di controllarle. Un tragico incidente avvenuto durante la sua giovinezza l’ha segnata come una ferita mai cicatrizzatasi e che seguita a sanguinare; da allora ella vive nell’angoscia, peregrinando senza una meta o uno scopo, alla costante ricerca del proprio posto nell’ordine delle cose. Hellboy la ama per quella che è, ed è inoltre il solo a non correre alcun pericolo standole vicino: Red è infatti immune al fuoco.
Liz è una donna normale a prima vista, ciononostante l’abilità che ha acquisito è una maledizione, un fardello che ha “deturpato” la sua infanzia condannandola a brancolare nel terrore. L’umanità di Elizabeth è sita nella sua sofferenza, nel modo in cui ella abbraccia il suo dolore senza lasciarsene sopraffare, ma non solo, ella si dimostra una donna altruista, generosa, che non esprime mai giudizi basandosi semplicemente su ciò che vede. Il suo affetto per Abe e il suo amore per Hellboy dimostrano come Liz sia vicina ai mostri, o per meglio dire ai dimenticati, ai solitari, ai reietti e agli ignorati.

- Il portatore di tenebre
“Cos'è che fa dell'uomo un uomo?” - Si chiese una volta il professor Trevor. – “Saranno le sue origini? Il modo in cui nasce alla vita?”.
Queste domande che Trevor si pone durante lo scorrere delle prime sequenze del film ricordano, in parte, i quesiti che mi sono posto io stesso all’inizio di questo mio elaborato. Dunque, cos’è che rende un uomo… Un uomo?
Ingenuamente, Hellboy crede che per assomigliare di più ad un essere umano bisogna partire dal proprio aspetto fisico. Per questa ragione, Red è solito accorciare regolarmente la lunghezza delle sue protuberanze ossee frontali. Un maldestro tentativo di adattarsi, d’essere più somigliante alla razza umana con la quale egli cerca disperatamente di entrare in contatto.
L’intera opera di Del Toro ruota attorno al concetto di integrazione. Il riflesso che Hellboy mira quotidianamente allo specchio gli ricorda la sua unicità e, al contempo, il fatto che non potrà mai essere considerato un uomo come un altro. A Red non è concesso il dono di passare inosservato, di confondersi tra la folla, dopotutto egli è un essere stupefacente, alto poco più di due metri e con una mano rocciosa e indistruttibile.
Ma l’integrazione di un essere vivente in una società che da principio non gli appartiene passa inevitabilmente dall’aspetto esteriore? Il desiderio di Hellboy di essere riconosciuto e considerato alla stregua di un uomo dipende dai caratteri somatici? Oppure vi sono altri parametri a stabilire se un mostro può integrarsi e venire reputato pienamente umano dai suoi “simili”?

L’investigazione di Hellboy e la sua strenua caccia allo stregone Rasputin lo portano sino alla gelida Russia, fra le lande innevate di Mosca. Rasputin è deciso a portare a termine il rituale rimasto insoluto e che trascinerà il mondo alla distruzione. Per attirare l’eroe in trappola, l’antagonista cattura Liz.
Tramite la sua magia, lo stregone riesce a soggiogare Hellboy e a trasformarlo in quel demone che, per oltre mezzo secolo, Red non ha fatto che reprimere. Dalla mano destra di Hellboy si sprigiona un incredibile potere e un nuovo portale si materializza davanti agli occhi attoniti dei presenti.
Le tenebre iniziano lentamente a calare, la volta celeste si tinge di rosso. Red raccoglie il crocifisso che era solito portare con sé, esso gli irrita l’epidermide sino ad ustionarlo. La forma della croce cristiana resta impressa nella sua mano come un marchio. Red si è trasformato in un diavolo e il simbolo della sua vecchia fede lo ha appena segnato come un’entità malvagia, da respingere, verso cui il crocifisso si mostra ostile. In quell’attimo, quando il rito sta ormai per compiersi e quando quella croce ha certificato la natura ostile e malvagia di Hellboy, Red rinviene e torna in sé. Le nuvole in cielo iniziano a diradarsi. L’eroe spezza così le corna allungate che svettavano alte sulla sua fronte, segno del suo retaggio demoniaco.
Imbracciata la sua adorata pistola, il Samaritano, Red fronteggia Rasputin e il mostro che, dal corpo putrefatto e distrutto del mago, affiora. Dopo un’ardua battaglia, Hellboy prevale.
Red si ricongiunge con Liz, dopo averla messa in salvo. I due “mostri” si stringono in un abbraccio, scambiandosi un bacio appassionato. Le fiamme scaturite dal corpo di Liz avviluppano i due innamorati, senza mai estinguersi.

Cos’è che fa di un mostro quello che è realmente?
Difficile dirlo, ma una cosa è certa: non sono i suoi connotati e non è neppure la sua origine a costituire l’essenza di un mostro o di un essere umano. Sono le sue scelte, la sua condotta, le sue emozioni, i gesti che compie nel lungo scorrere della sua vita a determinare il suo essere.
Hellboy sarà anche un mostro a vederlo, ma laggiù, oltre il suo granitico involucro, il suo guscio rossastro, proprio lì, al centro del petto, egli serba un cuore da eroe, da combattente, da uomo vero.
Dopotutto, il diavolo non può nascondere la sua coda, può a stento limare le sue corna ma, in fondo, non è realmente brutto come lo si dipinge. Tutt’altro!
Red direbbe di sé stesso di essere bellissimo!
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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