
Passi spediti, fiato corto. Una ragazza rantola nel buio, spaventata, per scampare a una banda di malfattori. Esausta, la giovane si spinge fino alla stazione di Shinjuku. Lì, si sofferma dinanzi ad un’imponente lavagna che campeggia, tacita, tra il mormorio della folla. Indecisa sino all’ultimo, la giovane sceglie di chiedere aiuto, scrivendo sulla lavagna tre lettere dell’alfabeto: XYZ.
Ryo Saeba e Kaori Makimura raggiungono la stazione, imbattendosi nella loro nuova cliente, Ai Shindo, modella ed ex studentessa di medicina. Quest’ultima riferisce ai suoi prossimi protettori d’essere perseguitata da un gruppo di loschi figuri, alla ricerca di una misteriosa "chiave" collegata al Moebius, una tecnologia avveniristica a cui il padre di Ai stava lavorando prima d’essere assassinato. Ryo, come da consuetudine, ispeziona la fanciulla con il proprio piglio molesto e ne resta irrimediabilmente attratto. Da lì in poi, l’investigatore cercherà in tutti i modi di conquistarla, bersagliandola di continuo e venendo, prontamente, fermato dalla lesta e vigile Kaori, sempre più delusa, sempre più… gelosa.
Nel frattempo, Kaori viene avvicinata da Shinhi Mikumi, un suo caro amico d’infanzia che vuole intrecciare con lei una relazione romantica. Davanti a questo possibile scenario, Ryo non batte ciglio, per l’incredulità della stessa Ai Shindo, convinta che Ryo provi per Kaori una mal celata attrazione. Una sera, Ryo conduce Ai in un elegante ristorante in cui, a pochi tavoli di distanza, la stessa Kaori sta cenando con il suo spasimante. Ai inizia a scandagliare il suo interlocutore, Ryo, con lo sguardo. Questi è divenuto laconico come non lo era mai stato. Dov’era finita la sua travolgente simpatia? La sua incontenibile voglia di flirtare? Ryo cenava in silenzio con la sua cliente, ma ad ogni insinuazione di lei rispondeva con simpatia. Ai Shindo ne era convita: Ryo provava per Kaori ben più di un semplice interesse amicale. Ma come ha fatto la curiosa ragazza a intuire questa verità?

Ryo ha sempre fatto di tutto per nasconderlo e, fino ad allora, ci era riuscito in pieno. Con ogni probabilità, la protetta di Ryo scorse qualcosa negli occhi del suo guardiano quando questi rivolse la propria attenzione all’indirizzo di Kaori. Un lampo e, forse, un bagliore d’affetto non adombrato scintillarono nelle sue pupille. Quella sera, seduto al tavolo, Ryo apparve, agli occhi di Ai, nudo, svestito da quella sua giacca azzurra e da quella sua maglietta rossa. Sotto quella sua fisicità statuaria, sotto quella sua espressività bonaria, divenuta, di colpo, fredda, seriosa, severa, inattaccabile, Ryo venne, suo malgrado, smascherato da una “ragazza qualunque” che possedeva la giusta arguzia per vedere oltre le sembianze. Tutto, forse, scaturì dagli occhi dello stesso Ryo. Furono essi a tradirlo? Chi può affermarlo! Ciò che è certo è che l’intera pellicola pone una profonda attenzione al senso della vista umana.
Il lungometraggio “City Hunter: Private Eyes” segna il ritorno del personaggio più celebre e amato partorito dalla fertile matita del maestro giapponese Tsukasa Hojo. Durante tutto lo scorrere dell’opera d’animazione, “gli occhi” assumono un valore altamente simbolico, come già il titolo della pellicola ha voluto suggerire. Anzitutto, la professione della giovane Ai Shindo, la cliente e nuova protetta di Ryo Saeba, evoca, sin da subito, quanto la vista, intesa come “apparenza” ed “esteriorità”, adempi ad un ruolo preponderante all’interno del film di Kenji Kodama. Ai Shindo è, a tal proposito, una modella. Lei viene fotografata, immortalata giorno dopo giorno, così che la sua bellezza possa essere apprezzata da tutti coloro che desiderano lanciarle sguardi fugaci o occhiate vispe, indiscrete e curiose. Ryo stesso, volutamente, ha sempre dimostrato d’essere superficiale quando si tratta di belle donne, badando soltanto alle apparenze, a ciò che la meraviglia di un corpo femminile può generare in lui, una volta raggiunto dalla sua vista acuta e penetrante come quella di un rapace.

La vista, però, è uno strumento ingannevole, che non sempre riesce a mostrare ciò che vi è oltre l’epidermide. Falcon, a tal proposito, è un personaggio che patisce una lieve forma di cecità ma che riesce a vedere più di quanto la vista comune sia in grado di scorgere. Falcon possiede la delicatezza, la sensibilità, la gentilezza, caratteristiche tipiche degli spiriti di buon cuore, coloro i quali vedono cose che sfuggono a tanti altri. Ryo, a detta dei più, non sembra affatto rientrare nella suddetta categoria di persone. Egli non si dimostra affatto sensibile, tanto meno garbato. Ryo ha il savoir-faire di un corteggiatore incallito, di un seduttore imbranato, dell’amante impertinente, destinato solamente a raccogliere risultati infruttuosi in amore. Kaori lo sa e non fa che chiedersi tutte le volte: “cos’ha che non va?”. Ma Ryo è davvero un epidermico zotico, che bada soltanto all’effimera bellezza, alla vacuità esteriore? Per come si atteggia e per come si esprime sembrerebbe proprio di sì, ma i suoi occhi, non sempre, concordano con ciò che egli fa. “Private Eyes” sussurra questa verità durante tutto il film, sino alla rivelazione finale.
Le labbra possono celare la verità, gli occhi più di rado. Essi tradiscono, a volte senza volerlo. Gli occhi, sovente, esternano sentimenti seppelliti nell’intimità, palesano un interesse, un’attenzione. Gli occhi scrutano e osservano, contemplano ed indagano, e quando vengono guardati, a loro volta, possono rivelare quanto vi è nascosto nel profondo di un carattere, di una personalità. Gli occhi sono la parte più esposta della fisicità di un corpo. Non giacciono occultati da alcuno strato di pelle, essi appaiono così come sono, grandi come lacrime di pioggia. Gli occhi possono essere cerulei come un cielo limpido, oppure agitati come un mare in tempesta, freddi come correnti oceaniche, calorosi come raggi che dardeggiano. In virtù della loro essenza, così pura ed evidente, gli occhi vengono considerati lo specchio dell’anima, poiché rivelano quanto, invece, non fa la lingua.

Dalla bocca possono scaturire parole saggiamente ponderate prima d’esser pronunciate, frasi misurate, soppesate per negare un’evidenza, per obiettare ad una realtà. Le parole mentono, gli sguardi no, al contrario, rivelano. Ryo usa, spesso, le sue parole per negare il sentimento che prova per Kaori, con le sue labbra non fa altro che sminuire la femminilità della sua amata per innervosirla, allontanarla da sé, così che non possa legarsi totalmente a lui. Le sue parole mentono, i suoi occhi quasi mai.
Ryo, infatti, alle volte si fa sfuggire qualche sguardo sincero. E’ una rarità, ma capita anche a lui. Quando fissa Kaori, negli attimi in cui è ben cosciente che lei non può ricambiare il suo sguardo intenso e prolungato, Ryo smette di vederla come una semplice compagna di lavoro, una coinquilina per cui nutrire null’altro che un tenero sentimento di amicizia. In questi attimi, Ryo mira Kaori con lo sguardo di un uomo innamorato che mai, però, può rivelare il proprio amore.

Ryo ne è consapevole: confessare l’amore alla donna più importante della sua vita significherebbe coinvolgerla completamente, trascinarla in maniera irreversibile nel suo mondo fatto di pericoli e di insidie, costellato da sacrifici e da privazioni. Ryo non avrebbe mai potuto farlo, e per tale ragione è solito “mutare” costantemente i suoi occhi, dosando opportunamente i suoi sguardi. Gli occhi di Ryo non possono davvero mentire, eppure riescono ad occultare. Per allontanare ulteriormente Kaori, ogni qual volta poteva essere il momento opportuno per dichiararsi, Ryo usufruisce delle sue parole. Anche lui sa questa inequivocabile verità: le parole possono ingannare molto più di quanto la vista può percepire.
Giorno dopo giorno, peripezie dopo peripezie, Ryo salva centinaia di belle donne, mostrando tutta la propria impareggiabile audacia e, al contempo, agisce come un perfetto idiota. Corteggia, o per meglio dire importuna qualunque donna gli si pari davanti, con pessimi risultati. Ryo pare avere occhi per ogni donna, tranne per colei che gli rimane sempre accanto. Kaori, in cuor suo, ne soffre. Tutte vengono ammirate dal bel vigilante di Shinjuku, tranne lei. La bocca di Ryo e i suoi sguardi sono sempre riusciti ad inscenare la più dura delle menzogne: negare un vero amore.
Gli occhi di Ryo sono sempre stati molto particolari. Solitamente, essi assumevano forme bizzarre e del tutto esagerate. Diventavano enormi, strabuzzati, fuoriuscivano letteralmente dalle orbite, cambiavano persino contorni, divenendo due grossi cuori rosa ogniqualvolta intravedevano la sagoma di una bella e slanciata figura femminile. Gli occhi di Kaori, invece, erano spesso incerti, esprimevano lo sguardo introverso ma deciso di una donna forte eppur timida, sicura sebbene fosse indecisa. Anche gli occhi di Kaori sapevano mutare “aspetto”. Diventavano rossi, accesi di rabbia, infuocati come una vampa ardente tutte le volte che Ryo si trovava ad un passo dallo scocciare ed infastidire una giovane ragazza. A quel punto, Kaori era solita lanciare all’uomo un’occhiata assatanata che preludeva ad una furia punitiva dal sapore vendicativo.
Tutte le volte, Ryo incassava di buon grado l’ira violenta della sua fedele compagna. In cuor suo era consapevole d’essere nel torto, sapeva di dover essere castigato. In fondo, nei suoi occhi, da cui sgorgavano copiose lacrime di dolore, vi era l’impercettibile segno della felicità. Ancora una volta, Kaori lo aveva scambiato per un inguaribile mascalzone, ancora una volta lo aveva ritenuto un incorreggibile maniaco, ancora una volta non aveva notato la vera luce negli occhi, il vero sguardo, con il quale lui era solito osservarla realmente.

In “City Hunter: Private Eyes” vi è un momento in cui Ryo sta per cedere, e i suoi occhi sono sul punto di raggirarlo. Kaori indossa un abito nuziale e se ne sta dinanzi a lui, agghindata come una splendida sposa. Lieta, la donna, ingenuamente, domanda all’uomo come la trova. Al che Ryo, dopo qualche attimo di smarrimento, borbotta: “Per me sei sempre la stessa!”. Una risposta che, neanche a dirlo, manderà su tutte le furie la povera collega. In questi attimi, Ryo manca, nuovamente, di sensibilità, di tatto. Così sembra… ad una prima occhiata. Se solo Kaori sapesse quanta verità vi è in quelle parole pronunciate in modo sibillino.
Nella sua lunga investigazione, Ryo scoprirà che il Moebius è un sistema operativo che contiene il segreto per la creazione di armamenti di ultima generazione atti ad essere comandati con il pensiero. Nella pericolosa faccenda vi è coinvolto lo stesso Shinhi, che vuole appropriarsi del Moebius. Il sistema si attiva soltanto con lo sguardo di Ai, ecco perché la fanciulla è bramata dai criminali. Il padre, prima di perire, volle fare in modo che questa rivoluzionaria quanto letale macchina che fu costretto a realizzare funzionasse soltanto con gli occhi della sua bambina. Nelle intenzioni del padre, gli occhi innocenti e buoni di una futura dottoressa quale sarebbe diventata sua figlia, non avrebbero mai attivato davvero quella diabolica creazione. Fu questa l’ultima, disperata mossa attuata dal costruttore del Moebius: affidare ai dolci occhi della figlia il destino dell’umanità.
Ryo, scoprendo tutto, verrà coinvolto in un’ardua battaglia per fermare i propositi di un’oscura organizzazione paramilitare, che è pronta a padroneggiare il Moebius per scatenare una guerra lungo tutto il globo.
“City Hunter: Private Eyes” non si limita ad analizzare il modo in cui i personaggi si “osservano” tra loro, ma espande il concetto di “sguardo” e di “osservazione” a tutti i propri spettatori. Sono trascorsi molti anni dall’ultima apparizione del giustiziere di Shinjuku, e voi, cari spettatori, come continuate a vederlo? E’ questo l’interrogativo che, sommessamente, il lungometraggio vuole rivolgere a tutti i fan di City Hunter. “Private Eyes” è un film pensato per gli storici appassionati di “City Hunter”, sta a loro giudicare il ritorno, l’ammodernamento di questo intramontabile manipolo di eroi.
“City Hunter: Private Eyes” è un lungometraggio ben fatto, che non può deludere ogni vero fan. I riferimenti estrapolati direttamente dal manga, come la presenza del Professore, o l’uso che lo stesso fa dell’appellativo “Baby face” nei riguardi di Ryo, faranno sorridere ogni appassionato. L’opera filmica vanta, inoltre, una colonna sonora ricca di tutte le tracce più famose della serie originale.

Le sequenze comiche, le scene d’azione, i combattimenti avvincenti condotti da Falcon e Ryo, i sentimenti e le emozioni provati dai personaggi, perfettamente amalgamati tra loro, rendono “Private Eyes” una pellicola riuscitissima. Anche il cameo delle tre sorelle, Occhi di Gatto, risulta essere suggestivo seppur nella sua brevità. “Private Eyes” riprende lo stile dell’anime, trasportando il tutto in un’epoca più moderna. L’atmosfera originale non viene mai smarrita, amalgamandosi perfettamente all’ambientazione odierna. Guardando “City Hunter” è possibile accorgersi di come esso non sia invecchiato affatto, e perduri a mostrarsi sgargiante, originale, coinvolgente come un tempo. Per noi, i suoi fan, City Hunter è sempre lo stesso!

“Private Eyes” è un lungo e nostalgico omaggio al passato, un tributo che, come nello stile di Tsukasa Hojo, non conduce ad un vero rinnovamento e non volge verso alcun finale definitivo ma che, come in ogni altra opera del mangaka, lascia il futuro incerto, aperto, come se nulla, mai, cambiasse e finisse del tutto.
La storia d’amore tra Ryo e Kaori, anche in quest’ultima avventura, sarà destinata ad arenarsi ancor prima di sbocciare, a celarsi dietro una parola non detta e uno sguardo spezzato. Ryo e Kaori saranno sempre destinati a non rivelare mai davvero i loro sentimenti, nascondendosi dietro un’imperturbabile maschera, fatta di litigi ed incomprensioni.
Sul volgere del finale, prima che le note di “Get Wild” risuonino come un’eco ben distinta, Ryo spazzerà ogni dubbio e proferirà silenziosamente la sua verità: per lui, Kaori, vestita da sposa, era davvero sempre la stessa, ovvero una donna bellissima. Kaori per Ryo è sempre se stessa, eternamente splendida come una gemma prossima a fiorire. Sarà questa una confessione sentita, schietta. Le parole candide di Ryo combaceranno, finalmente, con i suoi occhi cristallini.
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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