A notte inoltrata, il silenzio della natura venne interrotto da un canto subitaneo. In sella ad un bianco cavallo, comparve un uomo vestito di nero, con un mantello di velluto finissimo. Sul capo, portava un cappello scuro, con un fiocco rosso, spesso e fitto come le piume di un’aquila reale. Questi galoppava nel bosco mentre baritoneggiava una canzone. La voce calda e cadenzata di tale figuro giungeva sino al cuore della boscaglia.
Fra' Diavolo cantava libero e sfuggente come un uccel di bosco. Con l’alterità di un sire, egli percorreva, solitario, il viottolo. I suoi vocalizzi risuonavano lungamente, balzando da ramo in ramo, i gorgheggi rimbombavano da tronco a tronco, e gli acuti venivano carpiti dal vento e sospinti sino agli angoli più remoti della campagna. Fra' Diavolo era solito annunciare la sua presenza interpretando le proprie arie con animosità e passione. Il brigante, con la leggerezza di una nota musicale, soleva mettere in guardia le possibili vittime dei suoi furti. L’inflessibile bandito dava alle sue prede una chance: se fossero scappati in tempo, non appena udito la sua voce modulata, pericolosa come il verso leggiadro e soave di una ammaliante sirena, i malcapitati sarebbero forse riusciti ad aver salva la vita. Il canto di Fra' Diavolo era un lampo che squarciava il cielo e che precedeva il sopraggiungere di un tuono. Fra' Diavolo, dal canto suo, era un’eco, un bagliore preventivo ed una saetta fulminea.
Or dunque, Fra' Diavolo cavalcava lento verso il suo rifugio, senza mai interrompersi. Quei boschi del nord erano il suo palcoscenico, i derubati il suo pubblico inerme, che mai gli avrebbe dedicato alcun applauso. Il bandito tornò alla sua dimora, accolto festante dagli altri briganti. Sceso dal destriero, il prode e signorile masnadiero, radunò i suoi uomini per illuminarli circa il suo prossimo furto.
Nel frattempo, non molto lontano da quei luoghi, due sagome bizzarre emersero da un viottolo. Una di esse era corposa e panciuta, l’altra mingherlina e stiracchiata. Stanlio e Ollio trottavano, rispettivamente, in sella ad un ciuchino e ad un puledro dal manto bruno. Questi inseparabili amici si erano da poco congedati da un faticoso lavoro, durato molti anni. In quel tempo, Stan e Ollie pativano la fame e la sete. Entrambi avevano messo da parte cospicui risparmi. Nelle bisacce dei loro fidati animali da trasporto, i due, infatti, occultavano un bel gruzzolo, con il quale si accingevano a trascorrere i restanti anni della loro vita come pascià. Quando il destino sembrava finalmente volgere a loro favore, due banditi fecero capolino dalla foresta e rubarono loro tutti i quattrini. Stanlio e Ollio, sconfortati, perdettero in un solo istante il frutto dei loro sacrifici. Erano piombati nuovamente in povertà, come spesso gli era accaduto in tutt’altre disavventure.
Nelle varie pellicole a cui presero parte, Stanlio e Ollio assumevano spesso i panni degli emarginati e dei reietti. In “Fra' Diavolo” non furono da meno. Solitamente, Laurel e Hardy tolleravano la ristrettezza economica, i loro personaggi avevano appetito ma non potevano permettersi un pasto caldo, erano spesso vagabondi, zingarelli, nomadi senza un tetto sotto cui ripararsi. Stanlio e Ollio si schieravano sempre dalla parte dei più deboli, dei dimenticati, poiché a loro volta venivano spesso obliati dai benestanti. Essi facevano ridere pur patendo gli stenti e la miseria, strappavano sorrisi pur subendo l’ira dei tracotanti e la furia dei prepotenti. Nulla li abbatteva mai nello spirito, sebbene si scontrassero costantemente con un fato avverso e dispettoso. In “Fra' Diavolo”, Stan e il suo fraterno amico Oliver, viaggiano nel passato, giungendo sino alla penisola italiana, precisamente nel Piemonte del 1700, dominato dal brigantaggio.
Nella loro esistenza, colma di privazioni e soprusi, Stanlio e Ollio non conoscono il riposo e neppure la resa. Nell’opera filmica del 1933 i due hanno lavorato con onestà, senza mai risparmiarsi, lasciando intendere d’essere stati altresì sfruttati, derisi, vessati. Ciò che contava era stringere i denti, sorridere e mettere da parte le monete d’oro che costavano tanto sudore.
Di colpo, però, i risparmi di una vita vengono ghermiti e portati via. Angosciati, i due buoni amici decidono di smetterla di comportarsi bene, d’essere retti e giusti. Dopotutto, perché avrebbero dovuto continuare ad essere integri, corretti e leali, se la vita non aveva fatto altro che riversare su di loro le viltà dei malvagi? Ambedue decidono, così, di diventare banditi!
Non posseggono più la forza per scalare, dal basso, la grossa piramide sulla cui sommità vi è custodita la gioia di una vita agiata. Decidono, pertanto, di cominciare direttamente dalla vetta. Basta comportarsi degnamente. Al diavolo restare giudiziosi e franchi! Stanlio e Ollio scelgono di tramutarsi in banditi e di rubare ai ricchi.
E’ una critica forte quella evocata dall’inaspettata scelta di Stanlio e Ollio. In un mondo cupo, governato da manigoldi, opportunisti e delinquenti, si può restare davvero onesti? Stanlio e Ollio non ne possono più, non vogliono venire ancora bistrattati e umiliati dagli oppressori, e vedono nella possibilità di diventare, a loro volta, bruti e vendicativi, l’unica via per poter sopravvivere. La società continuava ad ignorarli, la gente a trascurarli, il mondo a non sorridergli, sebbene loro fossero sempre solari e gentili. Che opzioni potevano vagliare? Ecco, dunque, la ferma decisione: diventare ladruncoli di strada.
Purtroppo per loro, quello che non possono in alcun modo intuire è che la generosità di un buon cuore non può essere alterata. E così, Stanlio e Ollio, da briganti, provano a rapinare un viandante. Quest’ultimo scoppia in lacrime e i protagonisti si commuovono a loro volta, donando all’apparente sventurato l’unica moneta rimasta nelle loro tasche. Stanlio e Ollio sono troppo buoni, ingenui, secondo il valore più positivo e altruista del termine, non possono neppure improvvisarsi ladri da strapazzo. Ma i due non si danno per vinti, tentano un nuovo colpo. Per ironia della sorte, spingono le loro ricerche sino al covo di Fra' Diavolo. Ollio minaccia il re dei ladri con il fucile, spacciandosi lui stesso per il temutissimo “Diavolo”. Furibondo per essere stato usurpato, Fra' Diavolo si rivela e impone a Stanlio e ad Ollio di divenire i suoi fedeli aiutanti, trascinandoli sino alla sua tana. Ivi, Fra' Diavolo espone il suo piano: egli medita di rubare le ricchezze di Lady Pamela, nobile consorte di Lord Rocburg. Tuttavia, Fra' Diavolo non sa ancora dove la donna nasconda gli inestimabili gioielli e i cinquecentomila franchi avuti dal marito. Per compiere il furto, il bandito decide di celare, nuovamente, la propria identità sotto il falso titolo nobiliare di Marchese di San Marco. Fra' Diavolo, allora, prende alloggio nell'albergo dove risiedono il burbero Lord e sua moglie. Stanlio e Ollio lo accompagnano, mascherandosi da suoi valletti. Senza neanche accorgersene, Stanlio e Ollio capitolano in un ennesimo pasticcio. Fra musiche e adulamenti, tra balli ed armoniose melodie, gli artigiani della risata si fanno strada verso gli intrighi dell’albergo, generando gioie ed ilarità ad ogni loro gesto.
Fra' Diavolo dà via ad un assiduo corteggiamento per rubare il cuore di Lady Pamela. Lo scaltro furfante mira a intenerire l’animo della ricca signora. Lady Pamela, come la Giulietta di William Shakespeare, si affaccia dal balcone e mira, estasiata, il marchese che l’attende giù. Fra' Diavolo, come già fatto da Romeo, scruta la balconata con gli occhi all’insù, ed il suo sguardo, furbo ed ingannatore, finge di smarrirsi negli occhi della donna sempre più innamorata. Fra' Diavolo si arrampica con abilità sino a guadagnare la camera della dama. Lady Pamela si lascia andare alle lusinghe del marchese e rivela all’uomo dal fiero aspetto che il denaro è cucito nella sua sottoveste. Lady Pamela, a quel punto, solleva il vestito, mostrando al cortigiano come, nella sottoveste, siano stati intessuti monete e gioielli.
Nessuno è mai riuscito a rubare i franchi alla nobildonna poiché nessuno è mai riuscito a giungere sino alle sue grazie. Una forte carica erotica e sensuale viene esternata da questa rivelazione. Per riuscire a possedere i cinquecentomila franchi, Fra' Diavolo deve sedurre la fanciulla, sottrarla alle sue vesti, ai suoi indumenti. L’oro e la fulgida ricchezza sono custoditi vicino alla candida epidermide della donna. Insinuarsi sotto la sua gonna, spogliarla da tutti i suoi abiti coprenti, renderla nuda, così da raggiungere il prezioso patrimonio è una metafora della conquista. La seduzione, l’attrazione fisica, l’infatuazione vengono espressi da questo risvolto della storia: nell’avere il cuore, l’anima ed il corpo di una dama si può ottenere il tesoro più grande, sia esso “materiale” come rappresentato nel film sia esso “ideale” come rappresentato dal vero amore.
Stanlio e Ollio, comprimari e protagonisti al tempo stesso di questa peripezia, restano fin troppo puerili e sciocchi per ben comprendere le trame tessute dal marchese, loro padrone. Essi non si curano dei furti e delle questioni inerenti gli altri personaggi, si limitano a ridere a crepapelle da ubriachi, a giocherellare con “Menadito” o con “Naso, Nasino, Nasello”. Stanlio e Ollio restano bambini intrappolati nel corpo di uomini adulti. Seguitano, conseguentemente, ad osservare le vicissitudini con i loro soliti sguardi: gli occhi di due piccini che trascorrono il tempo scherzando. Proprio grazie alle loro risate, ai loro vezzi, alle loro allegre peripezie, Stanlio e Ollio sono riusciti a cavarsela nelle situazioni più disparate. Persino quando la vita voltava loro le spalle, essi seguitavano ad avere un ghigno giocoso e spensierato.

Quel ghigno poteva essere intravisto persino sotto l’espressione crucciata e rassegnata di Ollio, o sotto la mimica piangente di Stanlio. Essi ridevano sempre, perché sapevano che con le loro candide disgrazie elargivano serenità d’animo a chi li stava ad ammirare. La risata era l’unica arma di Stanlio e Ollio, altro che quei fucili o quelle pistole che impugnavano maldestramente fianco a fianco a Fra' Diavolo. Anche quando erano prossimi ad essere impiccati, verso la fine del film, poco prima di salvarsi per l’ennesima volta, i due, nel proprio intimo, sorridevano come bimbi. Stanlio e Ollio non erano affatto geniali bensì intuitivi, poiché ammiravano il tutto con stupore, come un bimbo che scopre ed impara. Stanlio e Ollio guardavano il mondo così come il Pascoli avrebbe voluto che tutti facessero. Laurel e Hardy osservavano la realtà con gli occhi di un “fanciullino”, con gli occhi dell’innocenza e della purezza.
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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