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"Albus Silente" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

"Subentrato al timone per questo terzo adattamento cinematografico, il regista messicano - come fatto già da Columbus nei due film precedenti - mostra l’avanzare dei mesi ad Hogwarts, l’alternarsi delle stagioni, ma lo fa in un modo diverso.

Columbus mostrava la venuta dell’autunno e dell’inverno attraverso le ricorrenze festive. Le zucche di Halloween che volteggiavano nella Sala Grande esprimevano l’arrivo della suddetta festività, e dunque la fine del mese d’ottobre.

Hagrid che trascinava un grosso albero in un terreno imbiancato al cospetto di un castello ricoperto di neve suggeriva agli spettatori l’avvento dell’inverno più fitto. La Sala Comune di Grifondoro piena di regali e la Sala Grande con l’albero addobbato testimoniavano all’unisono il sopraggiungere del Natale.

Cuarón non si sofferma sulle festività, non crea quella incantevole atmosfera che Columbus rendeva tanto marcata e splendida, eppure il regista messicano nel suo “Il prigioniero di Azkaban” riesce comunque a bisbigliare agli spettatori l’avvicendarsi dei periodi, il cambio delle stagioni. Cuarón lo fa attraverso il Platano Picchiatore. Le foglie ingiallite che scendono giù dai rami mentre l’arbusto assesta i suoi colpi aggressivi raccontano che l’inverno è alle porte. Poi, di seguito, la naturale fioritura a cui andrà incontro lo stesso Platano indicherà che l’inverno è agli sgoccioli e sta per arrivare una nuova stagione, quella in cui la natura tutta si risveglia: la primavera.

Il tempo passa sotto gli occhi degli spettatori, l’anno scolastico fiorisce e incede..."

L'intera saga di Harry Potter, recensita in 7 articoli introspettivi, vi aspetta ai seguenti link:

Ricordi folgoranti come un Flipendo – Harry Potter e la pietra filosofale (2001)

Ricordi folgoranti come un Flipendo – Harry Potter e la camera dei segreti (2002)

Ricordi folgoranti come un Flipendo – Harry Potter e il prigioniero di Azkaban (2004)

Innocenze spezzate – Harry Potter e il calice di fuoco (2005)

Un dolore soffocato – Harry Potter e l’Ordine della Fenice (2007)

Il collezionista – Harry Potter e il principe mezzosangue (2009)

Una Vecchia Amica – Harry Potter e i Doni della Morte 2010 – 2011

"Harry Potter" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

Potete leggere molti altri articoli adatti alla stagione autunnale cliccando nei seguenti link:

"Halloween e la notte di Ognissanti - Hocus Pocus". Per leggerlo, cliccate qui.

"L'amore di un mostro - Il Fantasma dell'Opera". Per leggerlo, cliccate qui.

The Evil Dead Trilogy – Storia di un antieroe: Ash Williams" Per leggerlo, cliccate qui.

"L’uomo senza volto – Darkman" Potete leggerlo cliccando qui.

“Hotel Transylvania – L’amore al tempo dei mostri" Potete leggerlo cliccando qui.

"Dolore in vita, pace in morte – Il labirinto del fauno" Per leggerlo, cliccate qui.

“Casper – Posso tenerti con me?" Per leggerlo, cliccate qui.

"Quello che più ci accomuna – Il mostro della laguna nera" Potete leggerlo cliccando qui.

"E chi chiamerai? – Ghostbusters, una storia da raccontare ancora…" Potete leggerlo cliccando qui.

"L'amore oltre l'eternità - La mummia" (1999) Potete leggerlo cliccando qui.

"La mummia 1932" Potete leggerlo cliccando qui.

“Coco” – Ricordami" Potete leggerlo cliccando qui.

"S’io avessi un mondo come piace a me… – Alice nel Paese delle Meraviglie (1951)" Potete leggerlo cliccando qui.

La paranoia ed il sospetto come strumenti d’indagine nella fantascienza – Da “The Twilight Zone” ad “X-Files”, passando per “La Cosa”. Potete leggerlo cliccando qui.

MONSTER HOUSE – La libertà di un antieroe" Potete leggerlo cliccando qui.

"La gloria dell’eroe – La storia di Sir Daniel Fortesque" Potete leggerlo cliccando qui.

“Hellboy (2004) – Umanità e mostruosità" Potete leggerlo cliccando qui.

“Coraline e la porta magica – Un bottone ed un obolo" Per leggerlo, cliccate qui.

Lo spirito di un cacciatore – “Prey”. Potete leggerlo cliccando qui.

I tre volti della paura – La Cosa (1982). Potete leggerlo qui.

Occhi, labbra, naso e capelli – “Ho sposato una strega” (1942). Per leggerlo cliccate qui.

Vi auguriamo un Felice Halloween.

Un abbraccio da CineHunters!

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"Veronica Lake, la strega Irene" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

Angel era perplesso. Decisamente perplesso. Il suo volto pareva più pallido del solito, il che per un vampiro è tutto dire.

Non poteva credere alle sue orecchie. Cordelia l'aveva ingannato bene bene. Perfino Wesley, il fido aiutante del succhiasangue, era quantomeno titubante. 

"Mi stai dicendo che si tratta di una disputa da divorzio?" - chiese Angel, stupefatto. 

"Più o meno… Già!" – balbettò, imbarazzata, Cordelia. 

"Noi non ci occupiamo di queste cose!" - tuonò Angel, con tono categorico. 

E aveva ragione da vendere. La Angel investigazioni, la ditta investigativa fondata dal vampiro e dalla stessa Cordelia, si occupava di aiutare gli indifesi, di prestare soccorso ai deboli, di proteggere coloro che venivano minacciati dalle forze del male. Il lavoro che Cordelia aveva portato alla loro attenzione non aveva nulla e che fare con i loro compiti. Ma Cordelia non riuscì a resistere, quel cliente era disposto a pagarli profumatamente per perorare la sua causa. E poi, come ebbe a dire la stessa Cordelia, quel caso poteva avere un non so che di soprannaturale. Stando a quanto affermava il marito che intentava la causa di divorzio, infatti, sua moglie era una vera strega!

Angel guardò Cordelia con un'espressione che era un misto tra l'arrabbiatura e la compiaciuta ironia. "Dubito fortemente che si tratti di una VERA strega!" - concluse Wesley. 

Angel, Cordelia e Wesley nel diciottesimo episodio della prima stagione di "Angel": "La forza dell'odio".

Eppure, il vampiro e i suoi collaboratori potevano concedersi il beneficio del dubbio. Del resto, tutti e tre dovevano sapere che, qualche volta, capitò davvero ad un essere umano di sposare una strega. Intendo un’autentica strega, dotata di poteri magici, non una donna tanto rabbiosa e perfida da essere paragonata ad una arpia.

Come stavo dicendo, capitò ad alcuni uomini di prendere per moglie una strega a tutti gli effetti. Una strega buona, per loro fortuna.

Ad esempio successe, intorno agli anni Sessanta, ad un certo Darrin. Come dite? Chi era questo Darrin?

Un uomo come tanti altri, un onesto lavoratore, un americano modello. Si innamorò di una certa Samantha, una donna bella, intrigante, e piena di segreti. Già, proprio così: Samantha era una strega coi controfiocchi. Le bastava muovere rapidamente le labbra e il naso, come in una sorta di smorfia, per fare accadere qualcosa di insolito.

Ogni qual volta avesse voluto, Samantha avrebbe potuto spolverare casa da cima a fondo senza sforzarsi minimamente, in un battito di ciglia, mettiamola così... O per meglio dire in un battito di labbra e con un colpetto di naso. Avrebbe potuto cucinare in pochi secondi i piatti più succulenti, con un buffetto della sua espressività: il sogno di ogni casalinga.

Ma Samantha voleva ricorre alla magia solamente quando era proprio necessario, un po' perché le piaceva vivere come una donna qualunque, un po' per non fare preoccupare troppo il povero Darrin, che non si abituerà mai alle stravaganze della moglie e a tutte le stramberie dei parenti di lei e di tutto il loro mondo magico. Ma Samantha non lo faceva solamente per quello, per dare sollievo a Darrin: lo faceva prima di tutto per lei. Voleva dimostrare a sé stessa d'essere una donna forte, intraprendente, instancabile, che riusciva ad essere una buona moglie, una fantastica mamma, una gran lavoratrice senza l'ausilio di alcuna trovata magica. Samantha incarnava il desiderio di affermazione, di forza d’animo, di coraggio di tutte le donne degli anni Sessanta: donne capaci di farsi strada con il proprio impegno, la propria abilità, il proprio talento.

Ancor prima di Darrin e Samantha, ci fu un'altra coppia che si formò nonostante le differenze: lui era un uomo mortale, lei, beh, una strega con addosso trecento anni di età, o giù di lì. Portati alla grande, si intende.

La strega in questione si chiamava Irene e aveva il volto di Veronica Lake nell’opera cinematografica “Ho sposato una strega” del 1942. Questa pellicola in bianco e nero è un fantasy garbato e delizioso, spiritoso e gradevole, pregno di una comicità fanciullesca e delicatissima. La “cattiveria” della streghetta Irene, dedita a compiere scherzi e diavolerie semi-innocenti nei confronti della sua vittima prediletta, l’uomo di cui finirà per innamorarsi, catturano l’essenza gioiosa e lo stile fiabesco della storia immortalata dal cineasta René Clair.

Irene – la strega protagonista del racconto visivo – è una fattucchiera molto particolare. Già! Ma come potrei descrivere Irene? Da cosa potrei partire? Ma certo, anzitutto dovrei dire che è bellissima. Lo giuro, quando fu eternata su quel nastro di pellicola, lo era per davvero. Era più bella di quanto le parole possano riuscire a renderle giustizia.

Veronica Lake vi aspetta anche qui.

Aveva un volto da ragazzina, innocente seppur scaltra, due occhi grandi e profondi - che ricordavano le acque limpide di un laghetto delimitato da rosee sponde – che spuntavano al di sotto di due sopracciglia sottilissime, curve come un arco teso. Ma il particolare che più balzava all’attenzione del suo aspetto erano i suoi capelli: una folta chioma dorata le cingeva completamente il volto, scendendo giù lungo le spalle. I riccioli che aveva e che si intersecavano fra loro somigliavano a vortici cascanti, onde increspate di giallo che si sollevano prima di distendersi sulla battigia. Parte dei capelli le precipitava sulla fronte e le copriva metà del viso. Uno dei suoi occhi restava così celato allo sguardo dell’interlocutore e ciò le conferiva un’aria misteriosa, sinistra, ed elusiva. Il suo ovale, occultato a metà da un drappo color dell’oro, avrebbe potuto irretire anche il più accorto tra i viandanti, persino il più resistente ai sortilegi di questa strega tanto amabile e gentile… All’apparenza.

Irene, dunque, aveva un occhio celato da una parte dei suoi capelli d'oro. Sapete che anche un'altra strega, in un racconto visivo molto diverso, aveva un occhio coperto?

Questa strega, però, non manteneva il suo occhio adombrato da un ciuffo di capelli bensì lo teneva nascosto da una benda e per un motivo molto serio: chiunque avesse guardato dritto in quell'occhio avrebbe visto il futuro, precisamente il momento della propria morte. Nel film "Big Fish – Le storie di una vita incredibile", la “strega” in questione viveva in una casa diroccata, ricoperta di rami e fogliame, ed era molto avanti negli anni, tanto vecchia e rugosa da fare spavento, e occultava il suo occhio maligno perché nel suo bulbo oculare vi era l'immagine della fine. 

La storia di una vita incredibile, tra streghe, lupi mannari e giganti, vi attende qui.

Irene era una strega molto diversa dalla presunta fattucchiera di “Big Fish”: era giovane, nonostante l'età, eternamente giovane. Era graziosa e minuta come una fata. E soprattutto, se qualcuno avesse guardato nei suoi occhi non avrebbe visto la spaventosa sequenza della propria fine, ma avrebbe visto due cerchi azzurri, profondi come due pozzi colmi d’acqua cristallina e scintillanti come due stelle che brillano di una luce che non si estingue mai. Irene era brava a preparare pozioni col suo calderone, a rimestare le brodaglie con il suo grosso mestolo, ed era ancor di più abilissima a svolazzare in sella alla sua scopa. Ma qual era la storia di Irene? Sì, insomma, quale fu il suo vissuto?

Beh, tutto cominciò nel XVII secolo. Erano anni difficili quelli. Anni di caccia alle streghe. Specialmente nella cittadina di Salem. Le fanciulle che vivevano vicino ai boschi, all’interno di spelonche cupe e fatiscenti, da cui echeggiavano miagolii di gatti neri, potevano essere facilmente scambiate per truci megere. Irene non viveva in un antro angusto e tenebroso, non aveva con sé un gatto dal manto scuro, al contrario viveva col suo papà: uno stregone tozzo e dispettoso, dedito a combinare guai per tutta Salem. Padre e figlia, strega e stregone, verranno scoperti dagli abitanti del villaggio e condannati, come la tradizione del periodo soleva impartire, al rogo. I due verranno arsi vivi, non prima di aver lanciato una perigliosissima maledizione: sarebbero tornati, un domani, e si sarebbero vendicati sugli eredi di coloro che avevano sancito la loro fine terrena.

Passarono i secoli. Le anime di Irene e del papà rimasero prigioniere alle radici di un grosso albero. Nella prima metà del Novecento, un giorno come un altro, durante un temporale, un fulmine colpisce la vecchia quercia liberando l’anima della strega e del suo genitore. I due mediteranno subito vendetta. Irene, in particolare, è decisa più che mai a vendicarsi contro i suoi carcerieri, o per meglio dire contro un discendente dei suoi aguzzini: Wallace Wolley, un nobiluomo.

La strega vuole assoggettarlo, più precisamente vuole: “Renderlo il suo schiavo e farlo tanto soffrire”. Ma per fare ciò avrà bisogno di un corpo.

Lo dirà lei stessa allo spirito del papà: “Sarebbe bello avere delle labbra... labbra per sussurrare bugie... labbra per baciare l'uomo e farlo soffrire. Padre, perché non posso avere labbra, occhi e capelli?”.

Le streghe… Valle a capire… Per loro gli occhi, le labbra, il naso e i capelli sono così fondamentali: a Samantha Stephens le labbra e il naso servivano per attuare i suoi incantesimi, alla strega di “Big Fish” il suo occhio era necessario per spaventare il prossimo e mostrarne la dipartita, per Irene i capelli erano opportuni per aumentare il proprio fascino, l’ingrediente segreto del suo filtro d’amore.

Irene desidera infatti fare innamorare Wallace di lei. Lo spirito della streghetta, pertanto, si reincarna in una bella fanciulla, dalla folta chioma dorata. Irene è furibonda: non può dimenticare il torto subito. La vendetta, tuttavia, troverà un ostacolo insormontabile anche per la più determinata delle streghe. Non ci sarà intruglio, contro-incantesimo, scudo magico che terrà: Irene finirà per innamorarsi perdutamente di Wallace e verrà ricambiata a sua volta.

Dapprima, Irene si introduce nella vita di Wallace come un vortice tumultuoso, una tempesta che scuote il placido protagonista e la quiete della sua dimora. Wallace tenta in ogni modo di calmare l’indole pestifera di Irene, senza mai riuscirci. In Wallace traspare la dignità di un uomo d’alto rango, di un borghese raffinato, che si trova costretto a fare i conti con una donna umile e tutta pepe, che semina il disordine (e porta con sé il divertimento) nella sua smisurata villetta, forse, fino ad allora, rimasta un’abitazione troppo seria e noiosa. Wallace se ne accorgerà pian pianino: Irene, con le sue arti magiche, sta portando nella sua vita una ventata di aria fresca, nuova, imprevedibile, una sferzata di energia. Scrutandola a più non posso, Wallace si rende conto di quanto Irene sia speciale.

Al contempo, la strega, che desidera soggiogare completamente la sua povera “vittima”, prepara una pozione d’amore che, per errore, berrà lei stessa. Così, tutto l’odio e l’ira che serbava nei confronti della casata a cui Wallace appartiene vengono meno e in lei sboccia un affetto sincero e inarrestabile.

L’amore, lentamente, cambia completamente il carattere della strega, che da essere pestifero e indisponente sceglierà di divenire una donna buona, gentile e tanto, tanto devota.

L’amore che nasce tra Irene e Wallace è quello inaspettato e decisamente non convenzionale, un tipo di amore che vede coinvolte due anime separate dal tempo e incontratesi inaspettatamente. Due anime che si sceglieranno fra tante, nonostante gli attriti iniziali. Non vi è distanza, differenza, che possa dividerle: strega e uomo si ameranno senza esitazione.

Neppure Wallace, inizialmente, sa spiegarsi cosa gli accade quando passa tutta la notte a guardare Irene, fino alle prime luci dell’alba. Imbambolato… O per meglio dire “incantato” da quella strega, Wallace l’ammirerà inebriato, arrivando perfino a citare Dante e Beatrice.

Oh sì, ci sono state migliaia e migliaia di persone come noi, che vivevano lontano, mai sospettando di essere destinate l’una all’altra. E quando si incontrarono, i loro cuori si compresero senza esitazione. Prendiamo, per dirne una, il fatto di Dante e Beatrice: lui la vide una volta sola, ma in quell’attimo il mondo si inondò per lui di una luce abbagliante.”

Che anche Beatrice fosse una fattucchiera sotto mentite spoglie? Dopotutto, Dante, osservandola, cedette al “maleficio”, si innamorò di lei e proprio a lei dedicò le sue rime più belle. Per Wallace, guardare Irene significò mirare il bagliore di una luce tanto intensa da irradiarlo fino al cuore. E Irene, suo malgrado, cedette a sua volta a quello strano sentimento che mai aveva provato prima; lei, una strega tanto diabolica e vendicativa, si era fatta soggiogare da un sortilegio troppo potente per essere sconfitto.

L'amore dopotutto è più forte di qualunque incantesimo. 

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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"Le sorelle Sanderson" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

 

La storia che presto andremo a riscoprire insieme è scritta su di un vecchio libro impolverato. Almeno, è ciò che mi è sempre piaciuto immaginare.

Accanto al leggio su cui riposa il suddetto tomo, formule magiche, trascritte su vecchie carte con una penna a piuma di uccello, giacciono sparse caoticamente su di un tavolo. Poco distante, un calderone ricolmo di brodaglie tra il rosso e il violaceo viene riscaldato dal fuoco acceso. Sempre lì attorno, pozioni varie contenute in boccette di vetro sono raccolte su di una traballante mensola di legno. Che luogo angusto, spaventoso, che è questo. Dove siamo?

La risposta è presto data: ci troviamo all'interno della lugubre dimora di tre streghe cattive.

Il libro citato poc'anzi ha l’aspetto consunto. Sulla sua copertina di pelle è possibile scorgere un piccolo incavo circolare, scavato sul lato destro, in profondità, sino a formare una lieve incrinatura verso l’interno. Si tratta di uno spiraglio da cui si diparte una palpebra: l’occhio del libro. È il volume di "Hocus Pocus", il testo che contiene i capitoli di questa indimenticabile storia.

È un libro di stregoneria questo, un tomo protetto dalla magia nera che lo rende inviolabile, indistruttibile. Esso scruta il mondo con l’occhio ciclopico di un’entità in grado di osservare e comprendere ciò che si staglia dinanzi.

Se noi tutti iniziassimo a scorrere quelle pagine noteremmo, di primo acchito, che, una volta aperto, il volume mostrerà le sequenze introduttive di un film, nelle quali l’ombra di una strega che vola a cavallo della sua scopa viene riflessa nello specchio d’acqua di un fiume che bagna le sponde del villaggio di Salem.

Tutto ha inizio laggiù, in un tempo ormai andato.

È il 31 ottobre del 1693. È un giorno accorato per Thackery Binx (Sean Murray), il suo corpo è trafelato e il suo spirito inquieto. Un brutto presentimento lo sprona a riaprire gli occhi dopo un sonno agitato. La sua sorellina Emily è stata attratta da un canto ammaliante verso la casa delle sorelle Sanderson, dimora che sorge su di un terreno sconsacrato, tra i meandri di un fitto bosco.

Thackery si è risvegliato quando ormai la sua Emily ha imboccato un viale tetro e fatale.

"Sono loro..." - Sussurra un amico di Thackery, udendo il canto che echeggia dalla folta boscaglia.

"È troppo tardi, ormai è perduta!" - Prosegue, sconsolato.

Thackery non ne vuol sapere di darsi per vinto. "Chiama mio padre, raduna gli anziani, corri!" - Urla il ragazzo.

Poco dopo si addentra fra la vegetazione, intenzionato a raggiungere la casa delle streghe. Sebbene corra più veloce del vento, il giovane non riuscirà ad impedire alle tre fattucchiere di uccidere la piccina. Le tre sorelle succhiano la giovinezza della bambina, prosciugandole le forze vitali. Tornate giovani e belle, le "arpie" vengono sorprese e attaccate dal giovane Binx. A quel punto, le truci fattucchiere puniscono il ragazzo, reo di averle sfidate, trasformandolo in un gatto nero.

La gente del villaggio accorre troppo tardi nel disperato tentativo di fermare le streghe. Una volta catturate, Sarah, Mary e Winifred Sanderson verranno condannate all’impiccagione. Prima di morire, la maggiore di loro pronuncerà un tristo maleficio:

“Tre volte mi purifico col mercurio e sputo sopra le dodici tavole. Sciocchi, tutti quanti! È il mio scellerato libro che vi parla! Alla vigilia di Ognissanti, quando la Luna sarà un cerchio nel cielo, una creatura vergine ci riporterà su questa terra! Torneremo qua giù e le vite di tutti i vostri figli saranno mie!”

Le streghe verranno comunque giustiziate e del destino di Thackery nessuno saprà più nulla.

Comincia in tal modo "Hocus Pocus", un cult del cinema fantastico per ragazzi.

“Hocus Pocus” , sin dalla scena iniziale, si presenta come un risveglio improvviso, avvenuto nel cuore della notte, o alle prime luci di un nuovo mattino, a causa di un sogno concitato, di un incubo dai toni paurosi ma, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, gradevoli. L'intero lungometraggio potrebbe essere comparato ad una “sveglia” repentina che catapulta gli spettatori tra i passi fiabeschi di un racconto di megere, in una magica commedia horror destinata ad appassionare con delizia, garbo, ironia e intelligenza.

Trascorrono trecento anni da quella triste notte. Max, sua sorella Dani e la bella Allison decidono di recarsi nella casa delle tre sorelle durante la notte di Halloween. La casa appare adibita a museo, come fosse un reliquario espositivo in grado di raccogliere e rievocare le sinistre dicerie, divenute leggende, sull’identità di chi, fra quelle mura, vi abitava. Un gatto nero, che altri non sarà che Thackery Binx, sorveglia da tre secoli l’oscura dimora per impedire che il maleficio che prevede il ritorno delle streghe possa avverarsi. Purtroppo Tackhery non potrà far nulla per opporsi a un destino predetto con fermezza, e quando Max accenderà un cero che innescherà la candela dalla fiamma nera, le tre sorelle torneranno in vita. Winifred, Sarah e Mary avranno soltanto una notte per mettere in atto i loro oscuri propositi: nutrirsi delle anime di quanti più bambini potranno per raggiungere l’immortalità e l’eterna giovinezza. Max, Dani ed Allison, con il supporto di Thackery, dovranno così trovare il modo di fermare le streghe.

“Hocus Pocus” venne prodotto dalla Walt Disney nel 1993 e si avvalse di un eccellente cast: la grande e briosa attrice e cantante Bette Midler vestì i panni di Winifred, la sorella maggiore nonché “mente” del trio di streghe. Winifred era caratterizzata da una dentatura estremamente accentuata, con due ingombranti incisivi superiori che quasi le fuoriuscivano dalla bocca. Winifred aveva, altresì, unghie molto lunghe e affilate che le conferivano un “demoniaco” impatto visivo quando ella faceva sovente uso delle mani, allargandole e portandole all’altezza del viso per esaltare i lugubri gesti di un incantesimo.

Kathy Najimy assunse i panni della corpulenta Mary mentre Sarah Jessica Parker quelli della svampita e procace Sarah, la più giovane delle tre. Max, Dani e Allison erano interpretati rispettivamente da Omri Katz, Thora Birch e Vinessa Shaw.

“Hocus Pocus” è una bellissima commedia per famiglie che trae ispirazione dalle più classiche atmosfere fiabesche convertendole in un’appassionante teen-movie dell’orrore. Si tratta di un lungometraggio figlio degli anni ’90, dai toni paragonabili ai “Piccoli Brividi” del periodo, con scenografie impregnate di una vena gotica e favolistica.

Quando si è bambini e si guarda “Hocus Pocus” si avverte una gioia per gli occhi e per il cuore. Esso è un piccolo cult perfettamente in grado di coinvolgere anche gli adulti, con alcune battute ben congegnate e non sempre comprese quando si è piccolini. “Hocus Pocus”, parallelamente alla storia principale che vede i ragazzi fronteggiare le tre streghe in una sfida a distanza, tratta alcune sotto-trame che abbracciano tematiche decisamente interessanti.

Vi è anzitutto il bullismo: Max risulta essere, infatti, una vittima indifesa, infastidita da due teppisti di quartiere.

Viene trattata l’attrazione fisica e l’amore adolescenziale tra Max ed Allison e la timidezza del protagonista nell’esternare alla ragazza i propri sentimenti per il timore di non essere ricambiato. Le insicurezze del primo amore, tipiche della giovane età, sono quindi facilmente captabili nei personaggi dei due giovani. In particolare, il tema della verginità viene inscenato con una certa attenzione. Tale stato emotivo più che fisico, all’interno del film, è meritevole d’essere analizzato.

Nell’epoca in cui Winifred pronunzia il maleficio, la “verginità” era un bene prezioso, una scelta comune, forse obbligata per la maggioranza dei giovani, e aveva un valore di purezza ammirevole nonché consueto rispetto a ciò che sarà trecento anni dopo. La verginità del protagonista, Max, è oggetto d’incredulità per tutti coloro che scopriranno che è stato proprio lui ad accendere il cero. Max sembra quasi rispondere con spavalderia all’ennesima insinuazione di perplessità circa il suo status di vergine quando si troverà ad affermare: “Me lo faccio tatuare sulla fronte (che sono vergine) se non ci crede”. Sembra quasi che la verginità venga tacciata come un’onta o un che di inusuale dalla gente generalista e buzzurra, come se non avesse più il valore dell’amore vero, da cui deriverebbe la passione fisica, e fosse qualcosa da “superare” quanto prima; l’esatto contrario di ciò che avveniva nell’epoca iniziale del lungometraggio, in cui era sinonimo di candore, innocenza e amorevole attesa. La differenza culturale su tale argomento, tra l’epoca seicentesca e i “moderni” anni ‘90, è un confronto certamente interessante, trattato con fine ironia e una velata provocazione dalla pellicola.

Il parallelismo tra le epoche prosegue circa la festività del 31 ottobre. Le sorelle Sanderson restano sconvolte quando si imbattono in marmaglie di bambini che per strada passeggiano, vestiti e truccati da mostri. Le streghe ricordano che un tempo tali mostri terrorizzavano i piccoli nei racconti popolari. Nella modernità, invece, le paure sembrano essere svanite e sostituite da un tentativo di “imitare” fantasticamente le creature della notte che una volta albergavano negli incubi dei più piccini.

Hocus Pocus” tratta persino l’amore possessivo che finisce per sfociare nella violenza. Winifred, molti secoli or sono, era innamorata di William, un uomo che lei stessa tramutò in uno zombie perché furente e gelosa delle attenzioni che costui nutriva nei confronti della sorella di Winnie, Sarah. William, detto Billy, è un morto vivente a cui sono state cucite le labbra con ago e filo, in modo che non possa mai parlare al cospetto della sua vecchia compagna. Quando Billy raccoglierà un coltello, taglierà via le cuciture della sua bocca ed esprimerà il suo odio nei confronti della donna. E’ un taglio netto ma figurato di liberazione: lo zombie recide i filamenti che lo legavano, come fossero catene, al male della strega. Billy tornerà, così, ad essere libero, lontanto da quell'amore che lo aveva reso uno schiavo privo di voce.

Dietro la maschera truccata di un grande "mostro" si cela spesso il volto dell'attore Doug Jones.

 

Anche questa sotto-trama è trattata in modo “soft”, mai in modo crudo, ma lascia comunque un alone intrigante, doveroso d’essere approfondito per venire ben compreso. Winifred con il suo sospetto e la sua possessività ha tolto la vita al proprio compagno, mutandolo in un silente fantoccio al proprio comando, ferendo non soltanto la sua fisicità ma volendo colpire anche il suo libero arbitrio e la sua volontà.

Il rapporto affettivo tra il fratello maggiore e la sorella minore ha una duplice visione: quello tra Thackery e la sorella Emily si intreccia a quello tra Max e Dani. Thackery, condannato a una immortalità dannata come un gatto nero, ricorda all’umano Max di prendersi sempre cura della sorellina. Essa, come tiene a precisare il gatto dal manto scuro, incarna un affetto prezioso che, come tutte le cose più importanti della nostra vita, si comprende realmente soltanto quando è stato perduto.

Tutte e tre le sorelle Sanderson sono dotate di una voce incantevole. Nella celebre sequenza del brano “I put a spell on you”, la canzone cantata da Winifred incanta e strega, letteralmente, coloro che l’ascoltano, soggiogandoli e trasformandoli in “zombie” incoscienti che danzano senza sosta. Sarah è colei che, ancor più delle altre, possiede una voce melodiosa che adopera per attrarre i bambini. È come se le tre streghe abbiano tra le loro corde vocali il dono del canto delle sirene, che ammalia chi lo ascolta, attirandolo verso il pericolo.

Sarah, Mary e Winifred Sanderson ritratte da Erminia A. Giordano per CineHunters

 

Hocus Pocus” si consuma con la stessa intensità di una candela accesa. La storia si compie nell’arco temporale di una sola notte, la più lunga, quella di Halloween. Alle prime luci dell’alba si compirà il destino, da una parte o dall’altra.

Alla fine saranno i giovani protagonisti a trionfare, e il sorgere di un nuovo giorno annienterà il potere del trio. Winifred verrà trasformata in una statua di pietra e Thackery troverà finalmente il suo riposo eterno: morirà e la sua anima varcherà i cancelli del paradiso. Ad attenderlo ci sarà la sorellina; i due, mano nella mano, partiranno per il loro ultimo viaggio.

Hocus Pocus” è un gioiello del cinema per ragazzi, una perla da gustare ogni anno agli ultimi rintocchi della notte di Ognissanti. È un libro da lasciar dormire per tutto l’anno, ma da risvegliare sempre allo svanire di ogni ottobre. Basterà riprendere in mano il volume che custodisce questa storia, attendere che l’occhio si dilati e, una volta che il libro si sarà ridestato, aprirlo e lasciar riecheggiare un altro canto, un nuovo: “Come little Children…

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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