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Il leggendario Indiana Jones si ripresenta al suo pubblico dopo ben vent’anni dal III° Capitolo, ancora da un’idea di George Lucas, e per la regia di Steven Spielberg.

Ci troviamo nel 1957, in piena Guerra Fredda, e gli avversari di Indiana divengono i Sovietici, guidati da Irina Spalko (una dimenticabile, ed è inverosimile scriverlo, Cate Blanchett). Indiana è alla ricerca di El Dorado, una mitica città in cui sono celati i resti di tredici teschi di cristallo appartenuti a una popolazione extraterrestre. In quest’avventura, Indiana sarà spalleggiato nuovamente da Marion Ravenwood, e dal figlio Henry Jones III. 

Sebbene il ritorno dell’eroe – archeologo lo si aspettava con ansia da più parti, la pellicola non è poi risultata un’operazione molto ben riuscita. C’è davvero molto poco che una possibile recensione attuale dedicata alla tetralogia di indiana Jones possa aggiungere ai tanti commenti che si sono susseguiti nel corso degli ultimi anni sulla quarta avventura dell'archeologo, la più discussa e la più criticata. “Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo” non è un buon prodotto, per lo meno non lo è se siamo pienamente coscienti di ciò a cui Spielberg e Lucas ci hanno abituato in passato. Sebbene il film appaia divertente e lo scorrere delle sequenze sia piacevolmente accettabile, la figura di Harrison Ford viene fuori come gravata dal tempo trascorso, già dalle prime battute. L’esperto attore, calatosi ancora una volta alla perfezione nel personaggio, assume una veste che ora diverte e rilassa ora porta alla contestazione più accesa. Tutto questo, in un certo senso, snatura il personaggio: Indiana non sembra più il famoso professore di archeologia, ma adesso è un vero e proprio combattente. Ford appare oggi come il personaggio meno accondiscendente, più votato allo scontro che al ragionamento, colui che incarna il trascorrere inesorabile del tempo, appesantito com’è dalle scorie di un passato che non può venire di colpo cancellato. Scopriamo così che Indiana ha prestato servizio come spia durante la seconda guerra mondiale. Una scelta alquanto peculiare quella della premiata ditta Spielberg/Lucas, i quali mutano il loro personaggio da rinomato professore e avventuriero spericolato, a soldato bellico perfettamente a suo agio durante un conflitto mondiale.

In quest’ultimo capitolo, Spielberg e Lucas tentarono di riproporre il rapporto padre-figlio splendidamente portato in scena ne “L’ultima crociata”, eseguendo una sorta di “rovesciamento", in cui Indiana Jones diveniva ciò che fu suo padre in quell’avventura, più serio e saggio nei confronti di un figlio spericolato. La formula non si ripete, però, con le dovute meraviglie, e tra Indiana e il figlio Henry non scocca minimamente una sorta di alchimia.

La vera pecca de “Il regno del teschio di cristallo” sta nel tentativo di proporre qualcosa di fin troppo diverso. Non si percepisce più quel gusto per l’antico tipico dei precedenti capitoli, bensì si nota un cambio di rotta che poco sembra avere a che fare con “Indiana Jones”. I rimandi agli esseri extraterrestri, e un approccio fantascientifico che prende il totale sopravvento nella parte finale della pellicola, sono elementi del tutto estranianti se paragonati alle precedenti avventure dell’archeologo. Il tema inerente alla fantascienza, quantunque sia solo accennato, lascia a desiderare poiché sovverte l'amore per la storia antica e misteriosa.

Eppure, nelle difficoltà di una realizzazione frettolosa e improvvisata, emergono comunque i lati positivi di un film che se sito tra le mani di due geni come Spielberg e Lucas non può del tutto astenersi dall’offrire note interpretative di pregio e di livello. La ricerca ossessiva e alienante perpetrata della Spalko, ovvero il riuscire ad avere accesso alle conoscenze più profonde e recondite dell’universo finirà per annientare la sua stessa essenza, monito imperativo esplicato dai due geni creativi e rivolto universalmente al genere umano, il quale non potrà in alcun modo accedere a una conoscenza che non può ancora comprendere, specie se un male oscuro sorregge questa ricerca.

“Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo” ha il merito di poter comunque intrattenere lo spettatore in un vortice d’azione e d’adrenalina, sempre preminente nell'approccio registico di Spielberg. Ma si tratta di scene spettacolari fini a se stesse, ma poco importa se si riesce ad accettare semplicemente il fatto che questo quarto capitolo risente  di una diversificazione troppo netta rispetto allo stile precedente. Il finale in cui Indiana sposa Marion poteva essere il degno atto conclusivo di una tetralogia impressa nella storia: non sarà così. Sarà un ultimo saluto dal retrogusto amaro, perché avremmo avuto tutto il diritto di aspettarci qualcosa di più, nell'interezza del film, e pertanto, tale sequenza finale non può davvero concretizzarsi con l’addio definitivo.

Abbiamo ancora bisogno di un’ultima avventura di Indiana Jones. Il quinto capitolo, previsto per il 2019, dovrà assolutamente concederci un finale all’altezza.

Voto: 5,5/10

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

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