Qualche giorno fa, sui social network, campeggiava uno scatto fotografico raffigurante un supereroe giunto dal passato. La sua immagine era concreta al senso della vista eppure, in primo acchito, inspiegabile razionalmente. Come poteva essere riapparso così improvvisamente, con l’istantaneità di un lampo, quell’eroe del vecchio millennio?
Flash, e con tale appellativo faccio riferimento all’originale, è tornato! John Wesley Shipp è stato “catturato” in un fotogramma digitale con indosso il suo “autentico” costume d’epoca. La tuta rossa è nuova di zecca, rammendata come quella di un tempo, pronta per essere riutilizzata. Su quel set televisivo in cui prende forma l’episodio crossover che coinvolge i tre show principali del canale “The CW”, ovvero “The Flash", “Arrow” e “Supergirl”, sta avvenendo un viaggio nel tempo, fluttuante tra passato e presente. Lo storico interprete del personaggio DC Comics è riapparso per prestare i propri servigi al ruolo che lo ha reso celebre, e per salvare il mondo con l’indimenticato stile degli anni ’90 al suo seguito.
John Wesley Shipp è un “eroe” di stampo classico. Sì, ne sono ampiamente consapevole. Anzitutto egli è un attore e come tale riveste un ruolo, ma i suddetti panni, quelli del supereroe, gli calzano a pennello, come un abito di taglio sartoriale cucito su misura. Ciononostante, la sua carriera cominciò con parti del tutto diverse, per le quali dovette vestire variegati costumi di scena. Dal 1980 al 1984 fa sue le vesti del dottor Kelly Nelson in “Sentieri”, e tra il 1986 e il 1987 porta a casa due Emmy Award consecutivi per “Così gira il mondo” e “Santa Barbara”.
Per tutti gli anni ’90 e il primo decennio degli anni Duemila, Shipp “adatta” a sé le “divise” più disparate: è un pugile in “Sisters”, un sergente maggiore di artiglieria in “Jag”, e ancora un Colonnello, persino un allenatore di football. Shipp è un attore che si alterna costantemente tra piccolo schermo e teatro. Proprio per quest’ultimo, calca il palcoscenico numerose volte, in particolare per le opere “The Killing of Michael” di Erik Jendresen, “Malloy”, sino ad approdare a Broadway, nel pluripremiato “Dancing at Lughnasa” del drammaturgo irlandese Brian Friel.
Il 1990 è l’anno del suo debutto cinematografico, nel seguito del cult “La storia infinita”, dove interpreta il papà del protagonista Bastian (Jonathan Brandis). Tale ruolo, quello del padre inteso come guida, visto come figura protettrice, dagli occhi di un figlio, e reinterpretato metaforicamente come porto sicuro in cui poter attraccare, dopo essere scampato alle acque tempestose del mare aperto, e sentirsi stretti in un abbraccio, sarà una “tenuta” che l’attore statunitense non si toglierà mai di dosso. Di fatto, dal 1998 al 2002, si “agghinda” ancora per essere il padre del personaggio principale nel teen-drama di culto “Dawson’s creek”.
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I registi e i produttori ne sono consapevoli, Shipp ha la caratura del mentore, del maestro, ma, ancor di più, possiede la levatura dell’eroe. Tante sono state le maschere portate da questo interprete, ma una su tutte, quella rossa come il sangue, resta la più amata.
Sul set de “La storia infinita 2”, egli divide la scena con il compianto interprete Jonathan Brandis. I due attori lavorarono insieme anche in “Flash”, nella puntata “Child's Play”. Proprio per l’omonima serie televisiva della CBS, John fu Barry Allen, un poliziotto della scientifica che, dopo essere stato colpito da un fulmine, diventa il supereroe mascherato Flash, alla sua prima incarnazione televisiva.
Influenzato dal Batman di Tim Burton e Michael Keaton, Shipp interpreta un Flash grintoso, maturo, tenebroso, alimentato inizialmente da un desiderio di vendetta ma anche animato da un senso assoluto di giustizia. E’ un eroe rabbioso, il suo, nei riguardi dei biechi delinquenti della città di Central City, scattante, a tratti furioso, ma incredibilmente umano e prodigo. Quello di John resta un “corridore” solitario, che compie le sue sgroppate di notte, in una metropoli buia, che pullula di delinquenza, in cui il tempo oscilla tra il presente ed il trascorso. Poche sono le luci che illuminano il cammino e la corsa di questo vigilante, se non i murales variopinti che sovrastano le alte mura cittadine. Egli è un personaggio per lo più solo, coadiuvato solamente da una compagna, la dottoressa Christina Mcgee (Amanda Pays), un’amica destinata ad essere la sua futura sposa.
John Wesley Shipp e Amanda Pays sul set di "Flash"
Il Flash di Shipp, pur differenziandosi per diversi aspetti dalla controparte cartacea, è una trasposizione reale, oscura, forte e giustiziera. Shipp calzò, con egual abilità, il camice bianco del più sciolto Barry e il costume scarlatto della sua collerica seconda identità, offrendoci un’interpretazione apprezzabile, sincera, ed ispiratrice. John Wesley Shipp divenne un eroe tradizionale, dallo stile “antico”. Il suo fu un Flash adulto, un combattente audace, un velocista inarrestabile, imponente, massiccio, dal mento spiovente, ironico ma arrabbiato, emotivo, generoso e dal sangue freddo quando la situazione era solita richiederlo.
"Flash" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters
Il Flash di una volta, per scelta stilistica degli sceneggiatori, era avvolto da un’immateriale aura di misticismo. Nel corso della serie, il suo “apparire” e “svanire” con rapidità fece alimentare le voci circa la sua reale esistenza. L’eroe di Shipp agiva nell’ombra, in bilico tra visibilità e invisibilità. Per gli onesti era un semidio protettore, un “Ermes” disceso dall’Olimpo; invece, taluni banditi erano soliti descriverlo come un demone appena percettibile, altri come un fantasma rosso, alcuni addirittura come un diavolo vendicatore. La patina di mistero che ammantava il supereroe gli permetteva di terrorizzare anzitempo i suoi avversari, sin dal momento in cui intravedevano quella scia rossa portatrice di giustizia. Il “Santero”, lo “stregone” di un quartiere dei profughi latino-americani di Central City presente in un episodio, descrisse il vigilatore come l’umanizzazione di Shango, la divinità del culto yoruba associata al tuono, che castiga i mentitori ed i malfattori. Invero, come terrà a precisare lo stesso Barry, Flash è un uomo mortale, con dei poteri speciali messi al servizio del bene comune. Nel ritratto del valoroso combattente compiuto da John Wesley Shipp, verità e suggestione combaciano perfettamente.
La sua “calzamaglia”, fatta di un rosso acceso tendente al bordeaux, quasi amaranto, il suo fulmine dorato, che scorreva su una luna piena, targato sul petto come simbolo del suo potere, la saetta che gli ornava le braccia e proseguiva sulla cintura, dando l’impressione della scarica di una folgore in perpetuo divenire, è un qualcosa di iconico, evocativo, onnipresente. John, per impatto visivo, fu, ai suoi tempi, ma anche in questa modernità, un Flash perfetto.
John Wesley Shipp riprese ad approcciarsi all’universo del prode corridore nel 2010, prestando la voce al professor Zoom in “Batman: the Brave and the Bold”. Nel 2014, venne chiamato dai produttori della nuova serie dedicata al “piè veloce” degli albi a fumetto e dei romanzi grafici, per interpretare Henry Allen, il padre di Flash. Shipp tornò così ad abbigliarsi come un padre amorevole, affettuoso, innocente. Due anni dopo, lo stesso interprete fu scelto per essere la vera incarnazione di Jay Garrick, il primo Flash della storia dei fumetti. Da pochi giorni, John ricopre, di nuovo, il ruolo del suo Barry Allen.
In successione, nella mitologia di Flash, John Wesley Shipp è stato per la CBS il primo velocista apparso sul piccolo schermo, nonché Polluce, un clone del protagonista con i suoi stessi poteri, per la Warner Bros Animation la voce sinistra e malvagia della nemesi del supereroe, e per la CW il padre di Barry. In seguito, ha interpretato Jay Garrick, il primo “scattista” dotato di una velocità sovrumana, nato dalla fantasia di Gardner Fox ed Harry Lampert, e adesso, nuovamente, Barry Allen, rimanifestatosi quasi trent’anni dopo la sua ultima apparizione. Pochi sono stati gli attori che, come lui, hanno legato il loro nome ad un brand, un modello, un emblema di abnegazione, bontà e coraggio.
In quelle fotografie, con addosso una nuova versione del suo splendido costume, Shipp ha dato l’impressione d’aver arrestato il fluire del tempo, dimostrando ancora una volta di essere la più espressiva personificazione di Flash.
Autore: Emilio Giordano
Redazione: CineHunters
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Correvano (mai verbo fu più azzeccato di questo) gli anni ’90… E che passo spedito avevano! Li ricordate? Personalmente li ho sempre considerati, reinterpretati, in maniera romanzata si intende, come un decennio unico nel suo genere, quasi prigioniero tra lo stile inimitabile degli anni’80 e il sentimento speranzoso di un domani imminente. Il Duemila era praticamente alle porte, e giungeva preannunciandosi come un evento unico. Non capita poi così spesso di poter accogliere il cosiddetto “nuovo millennio”. Eppure, quegli anni ebbero la capacità di conservare un gusto dolce e appagante, forse dettato proprio dalle aspettative riguardanti un futuro che sembrava lentamente materializzarsi all’orizzonte. Per tutti gli anni ‘90 si guardava al futuro, a ciò che davvero poteva portare con sé il Duemila. I cinefili osservavano “Ritorno al futuro - parte II” e ne restavano incantati: tutto sembrava così all’avanguardia in quella Hill Valley del 2015, in cui Marty e Doc muovevano i loro passi.
Mentre annoto queste mie considerazioni, il calendario segna la data del 22 aprile del 2017. Sono già trascorsi due anni dal quel fatidico 21 ottobre 2015 e di macchine volanti, volopattini Pitbull e sentenze tributarie decretate in sole due ore di processo neanche l’ombra. E’ proprio così, gli avvocati non sono stati aboliti, caro Doc, e abbiamo ancora bisogno di strade nel nostro mondo. Se guardiamo al passato possiamo renderci conto che la realtà non è poi così cambiata da allora.
Fino a un certo punto, naturalmente… Però qualcosa è cambiato, dopotutto. Fiorello non porta più il codino e non inneggia ancora alla folla per intonare i versi de “La nebbia a gl'irti colli…” Non potrei mai dimenticare questo aneddoto. Potrà sembrare alquanto ironico per un lettore ma il primo ricordo che possiedo del supereroe DC Comics Flash è legato proprio a…Fiorello. Com’è possibile? - direte voi -. Avevo una VHS, in cui era registrato il primissimo episodio della serie classica di Flash. La registrazione era partita un po’ prima dell’inizio della trasmissione, e poco prima di Flash, Italia 1 trasmetteva Fiorello, intento, per l’appunto, a cantare: era la primavera del 1992. Quella vecchia VHS era una sorta di finestra sul passato per il pubblico italiano, in cui continuavano a essere registrate “prove” della programmazione televisiva di quel periodo: oltre all’estroso showman che apriva lo spettacolo, cantando il proprio personalissimo adattamento canoro della poesia del Carducci, si poteva assistere a una serie di pubblicità che oggi definiremmo storiche: ricordate il celebre motivetto “E’ Sammontana, si sa…” che veniva intonato continuamente dai più giovani sulle spiagge in quella estate? O il “Ciribiribì” della Kodak?
Credo fosse una cosa naturale ritrovare in una videocassetta, in cui era registrato il primo episodio dedicato al supereroe più veloce del mondo, tracce di un passato cosi nostalgico; d’altronde Flash viaggia con estrema naturalezza attraverso le epoche, dal passato al futuro. Flash è un viaggiatore del tempo, come Marty e Doc, e in lui convoglia un malinconico passato e un fiducioso futuro.Se in quegli anni Novanta guardavi la serie TV di Flash, non potevi che ripensare a quanto in fretta potesse “correre” il presente, tramutarsi in un vissuto passato, e quanto l’aspirazione futura fosse essenziale allo scorrere della nostra vita. Flash dunque è tanto passato quanto futuro!
Il primo episodio di Flash venne trasmesso in Italia un sabato del 1992, e fu visto da oltre 4 milioni di spettatori, un risultato inaspettato per le reti Mediaset. “Flash” era reduce dalle influenze oscure di “Batman”, il film di Tim Burton. Lo stesso Danny Elfman, compositore del film sul cavaliere oscuro, curò la straordinaria colonna sonora del telefilm, e ne incise la sigla. Il primo episodio della serie si presentava a tutti gli effetti come un film TV, della durata di un’ora e mezza. John Wesley Shipp (vincitore di due Emmy Award come miglior attore) venne scelto come interprete di Barry Allen, un poliziotto della scientifica che, dopo essere stato colpito da un fulmine ed essere venuto a contatto con sostanze chimiche caricate elettricamente, diventa il velocista scarlatto Flash. Shipp fu il primo attore ad interpretare l’eroe DC Comics.
Amanda Pays è Tina McGee
All’inizio, Barry è terrorizzato dai suoi poteri e si rivolge alla Dottoressa Tina McGee (la splendida Amanda Pays) dello Star Labs, per sottoporsi ad alcuni test. L’evento che scatena il senso di giustizia e rivalsa nel cuore di Barry è il brutale assassinio del fratello Jay (un evidente riferimento a Jay Garrick, il primo Flash dei fumetti), ucciso da Nicholas Pike, leader di una colonia malavitosa di motociclisti che hanno messo sotto scacco la città. Barry decide di mettere i propri poteri al servizio della legge, utilizzando un passamontagna, dei guanti per non lasciare impronte, un costume rosso scarlatto fornitogli dalla stessa Tina, capace di resistere all’elevato attrito della sua velocità, e un simbolo in grado di terrorizzare i propri nemici: il fulmine. Nasce così Flash!
Per creare il costume di Flash furono spesi 100.000 dollari. Il materiale prescelto fu il lattice, e venne ideato da Robert Short e realizzato da Stan Winston. John Wesley Shipp aveva un fisico imponente che veniva maggiormente accentuato dal costume dell’eroe, in cui la muscolatura di Flash era scolpita su di esso, in modo da rendere l’idea che la stessa tuta si modellasse sul corpo e al medesimo modo si espandesse. Il costume è ispirato a quello del fumetto: è completamente rosso e ha tutta una serie di saette poste sulle braccia e sulla cintura, che danno l’idea della “scarica di un fulmine” in perpetuo divenire. La sola differenza sta nel colore degli stivali, che si scelse di mantenerli rossi, invece che dorati come li ha il Flash del fumetto. John Wesley Shipp ammise più volte la grande difficoltà nel recitare col costume indosso, poiché doveva sopportare una temperatura di ben 40°. Sul piano estetico, il costume di Flash appare ancora oggi visivamente straordinario, uno dei migliori prodotti mai visti sul piccolo e grande schermo.
Personaggi della serie
Flash estrapolò qualche elemento dalla sua controparte cartacea, cercando di differenziarsene per una maggiore trasposizione attinente alla realtà. Chiaramente una realtà fantascientifica, ma abbastanza diversa da quella del fumetto. L’amore profondo e indivisibile tra Barry e Iris qui viene trattato brevemente solo nel primo episodio. Iris, interpretata dalla giovane Paula Marshall, compare solo nel primissimo episodio della serie, ed è un’esperta di computer grafica, dai capelli mori, invece che una giornalista dalla rossa chioma. Lascerà Barry dal secondo episodio, proseguendo la sua carriera lontano da Central City. Separare Barry dal suo grande amore, nella trasposizione televisiva, fu una mossa errata secondo i più, eppure, il contrappunto romantico della serie fu perfettamente mantenuto, grazie al rapporto, splendidamente messo in scena, traBarryeTina, la dottoressa che accompagna Flash in tutte le sue avventure. Tra Barry e Tina nascerà un legame sempre più profondo, esaltato da un’attrazione ben percepibile, che si accrescerà sempre più nel corso della serie, basata sul classico “detto-non detto”. I due non lo ammetteranno mai realmente, e purtroppo il tempo inclemente non concederà il giusto finale a questa coppia degli anni ‘90. Barry e Tina condivideranno un bacio nel dodicesimo e nel quindicesimo episodio, poco prima che Barry torni indietro nel tempo. Tina è un personaggio presente nei fumetti, aiuta il velocista Wally a controllare il proprio potere, oltre ad essere stata la fidanzata di Flash.
Il migliore amico di Barry è Julio Mendez, suo collega alla scientifica. Julio, per chi segue la serie televisiva attuale, è “l’antenato” di Cisco Ramon. Un precursore, è vero, ma dallo stile inimitabile. Gran parte della comicità della serie è da ricercarsi nel talento comico di Alex Desert (interprete di Julio), dalle sue battute taglienti al tormentone della serie: presentare a Barry sempre ragazze dalle abitudini bizzarre e dai modi di fare inquietanti, che aggiungono un lato tragicomico alla vita sentimentale dell’eroe. La donna con cui il poliziotto intreccia una relazione passionale è la detective Megan Lockhart, un’investigatrice privata apparsa in tre episodi e interpretata dall’attrice Joyce Hyser. Altri caratteristi noti della serie sono l’irascibile tenente Garfield (Mike Genovese), e gli ironici poliziotti Bellows (Vito D’Ambrosio) e Murphy (Biff Manard). Barry caratterialmente è molto coraggioso, deciso ed eccellente sul lavoro; ha una fame insaziabile per via del suo metabolismo iper-accelerato (caratteristica del fumetto) ed è molto testardo.
Mark Hamill è il Trickster
Struttura degli episodi e Villan
Flash era una serie a carattere autoconclusivo, e ogni episodio era strutturato con un singolo caso che l’eroe avrebbe dovuto affrontare. Nonostante ciò, sono molteplici gli elementi che vengono ripresi nel corso della serie, e i personaggi che riappariranno, certificando una naturale continuità narrativa.
La galleria degli avversari di Flash è vasta e molto variegata: l’eroe nelle sue avventure dovrà affrontare casi più attinenti al contesto reale, come la mafia cittadina (Episodio 3), gangster molto potenti (Episodio 14), assassini vendicativi (Episodi 6 e 8), ma anche avversari di natura soprannaturale (Episodio 2), di concezione fumettistica (Episodio 13, 17, 19 e 22) e d’origine fantascientifica (Episodi 10, 18, 21 e 15 in cui Flash riuscirà a viaggiare nel futuro). Flash venne rappresentato come un supereroe “possibile” e “necessario”, calato in un realtà metropolitana la quale aveva estremamente bisogno di un guardiano che vegliasse sulla città. Per questo si decise di rendere Flash un supereroe in grado di alternarsi tra avventure fantasiose ad altre più attinenti alla criminalità che affligge il mondo reale. Sebbene non si riesca a includere l’avventura di Flash in un dato contesto narrativo univoco, la bellezza della serie è da ritrovarsi proprionell’eroismo del supereroe. Flash può contare sull’aiuto di Tina, la sua fedele compagna, ma ha comunque la destrezza d’essere sempre preminente nelle proprie avventure, caratteristica che spesso viene messa a dura prova nella serie televisiva contemporanea di Flash, in cui l’eroe ha al seguito un intero team, oltre che numerosi altri velocisti a supportarlo. Tali grosse collaborazioni spesso “privano” il Barry Allen/Flash di Grant Gustin del suo eroismo. Nella serie degli anni ’90 il Flash di John Wesley Shipp è, invece, l’assoluto eroe della scena, e possiede sempre la capacità di risolvere egli stesso la situazione, coi propri poteri, il proprio coraggio e la propria intelligenza, senza l’intervento di terzi. Flash è la serie in cui Barry Allen, pur con le dovute difficoltà, riesce ad essere l’unico e vero eroe di Central City.
La nemesi di Flash è James Jessie, ovvero il Trickster, interpretato da un lunatico Mark Hamill (già interprete di Luke Skywalker in “Star Wars”), che comparirà nell’episodio “Il Trasformista” e nell’episodio finale “Lavaggio del cervello”. Altri avversari tratti dai fumetti saranno: Capitan Gelo e Il signore degli specchi. Danny Bilson e Paul De Meo, i creatori della serie, dissero che per la premiere della seconda stagione avrebbero voluto far unire le forze proprio a questi tre avversari contro Flash. Alcuni episodi della prima stagione vennero sceneggiati da noti autori di fumetti.
La serie di Flash disseminò in diverse puntate i cosiddetti easter-egg, riferimenti nascosti al fumetto, una vera particolarità per quegli anni: ad esempio, Barry in un episodio si farà chiamare Professor Zoom, riferimento al celebre alter-ego dell’Anti-Flash. Un albergo di Central City avrà il nome de “Infantino Hotel” in riferimento a Carmine Infantino, primo disegnatore di Barry Allen. In una puntata, Barry passeggia col suo cane Eolo (riferimento al dio greco del vento), e cammina nei pressi di un cinema in cui sono ben visibili le locandine di “Superman” di Richard Donner con Christopher Reeve e “Batman” di Tim Burton. Per pochi secondi si possono ascoltare alcuni passi della colonna sonora del film eseguita da Danny Elfman.
Il Flash del 1990 è un eroe ottimista, ma a tratti furente e tormentato (per via della morte del fratello), che terrorizza i vili criminali della città prima di consegnarli alla polizia. In lui sono percepibili le scorie influenti del Batman di Michael Keaton. Come lo stesso cavaliere oscuro di Burton anche Flash viene spesso descritto come una presenza fosca, quasi incerta circa la sua vera esistenza. Una sorta di mito, leggenda metropolitana destinata ad avere sempre maggiore visibilità. Flash viene indicato dai criminali come un “demone rosso sangue” in grado di neutralizzare il male alla velocità della luce.
Scenografie e ambientazioni
Guardando “Flash” si nota, a livello scenografico, una sorta di “paradosso-temporale”: ciò a cui mi riferisco conferisce un’anima unica e inimitabile alla serie. La Central City di Flash sembra continuamente oscillare tra passato e presente. Si alternano così quartieri della città più moderni, in cui si muovono macchine di contemporanea produzione, ad altre periferie cittadine in cui il temposembra essersi fermato, e assistiamo a uomini che camminano sui marciapiedi con un look anni ’50 e macchine d’epoca che sfrecciano su nastri d’asfalto. Questa alternanza scenografica sembrò dar vita sul piccolo schermo ai disegni dei primi fumetti di Barry Allen, in cui l’eroe correva per le strade dell’America della prima metà degli anni ’50, creando, al contempo, anche una nuova identità cittadina più attinente a quella degli anni ’90 in cui si svolgeva la serie. Fiore all’occhiello della scenografia erano gli impressionanti murales che si stagliavano sui muri cittadini, dando agli sfondi in cui agiva il velocista, un effetto pittorico.
Persino l’abbigliamento di Tina venne scelto dalla costumista per rendere più evidente il gioco continuo della serie tra passato e futuro: Tina è una donna determinata e sul lavoro è alquanto autoritaria, ma ha un look casual che le conferisce un aspetto gentile e aggraziato; porta il camice e veste gonne sotto il ginocchio, indossa giubbini particolari, tipici degli anni ’40. Quando lo richiede l’occasione è solita vestire eleganti abiti da sera, assumendo così un aspetto decisamente più attraente e fascinoso.
Eredità della serie
John Wesley Shipp indossò la maschera di Flash per 22 volte. Il serial fu trasmesso negli Stati Uniti a un orario insolito, in cui doveva “scontrarsi” con le fasi finali del NBA e con la primissima stagione de “I Simpson”. Soltanto l’episodio pilota di Flash costò 6 milioni di dollari per la realizzazione di oltre 125 effetti speciali. I restanti 21 episodi constarono 1 milione e 600 mila dollari cadauno. I costi elevatissimi per la realizzazione degli effetti speciali (molti ancora oggi apprezzabili) indussero la produzione a interrompere la serie. Nonostante il grande rammarico di essere stata interrotta così bruscamente, Flash lasciò un’eredità significativa.
Il personaggio de l’Ombra della Notte, un antico vigilante che spalleggia Barry in due episodi, fu d’ispirazione per la concezione del Fantasma Grigio in “Batman the animated series”. Mark Hamill che interpretò il folle Trickster diventerà, dopo tale ruolo, il doppiatore ufficiale del Joker per tutti gli adattamenti animati e videoludici in cui compariva il personaggio. Nell’ultimo episodio di Flash, Trickster è spalleggiato da una donna innamorata di lui: Prank, interpretata da Corinne Bohrer. Prank, a mio giudizio, è la prima HARLEY QUINN. Trickster e Prank somigliano incredibilmente a Joker e Harley e al loro inusuale rapporto amoroso. Prank è una ragazza che finisce per restare affascinata, quasi ossessionata, da un criminale votato a un particolare stile di violenza: grottesco, scherzoso, clownesco, perpetrato con un’ironia folle e mezzi paradossali. La ragazza diviene la “compagna” ideale del Trickster, prima d’essere abbandonata quando l’uomo decide che è il momento di lasciarla; ma lei, nonostante l’affronto, continua a restare perdutamente fedele a quel criminale. Esattamente come verrà delineata le personalità di Harley Quinn in “Mad Love”. Lo scrittore Paul Dini potrà essersi ispirato all’attrice Arleen Sorkin per l’aspetto del personaggio di Harley, ma la storia e il peculiare rapporto con il Joker hanno raccolto certamente le influenze della serie di “Flash”, che ha pertanto generato, in modo del tutto inconsapevole, la nascita di una delle coppie dei fumetti più famose di tutti i tempi. Vi è inoltre un dialogo significativo scambiato tra Prank e Trickster durante l’episodio “The Trial of the Trickster”: Prank cerca di togliere la maschera a Flash ma il compagno la ferma, perché senza maschera per lui l’eroe non avrebbe alcuna importanza, sarebbe soltanto un uomo qualunque. Tipico ragionamento che il Joker esercita nei confronti della sua nemesi.
Oltre queste importantissime eredità, la serie classica di Flash viene omaggiata nella nuova serie dedicata al personaggio. John Wesley Shipp, nella versione del 2014, interpretaHenry Allen, il padre di Barry (Grant Gustin), e dalla fine della seconda stagione, torna ad essere Flash, interpretando Jay Garrick, il primo velocista scarlatto. Shipp viene così omaggiato interpretando un ruolo da mentore e guida, divenendo a tutti gli effetti il primo, vero Flash.
Anche Amanda Pays tornò a recitare nella serie, interpretando ancora la dottoressa Tina McGee e interagendo nuovamente con John Wesley Shipp: una meravigliosa rivisitazione nostalgica alla serie storica. Grande ritorno anche per Mark Hamill che interpreterà ancora Trickster e si scontrerà, oltre che col Flash di Gustin, proprio col Flash di Shipp. Molte delle immagini circa il passato di Trickster, mostrate nella serie, sono estratte proprio dalla serie classica.
Compariranno anche Alex Desert (ancora nel ruolo dell’agente Julio Mendez nel Flashpoint) e Vito D’Ambrosio nel ruolo del sindaco di Central City.
Conclusioni
Flash fu una grande serie, una serie magnifica, ben diretta e altrettanto ben recitata. Ancora oggi uno dei prodotti migliori mai realizzati nel panorama supereroico. L’unico appunto, se così si può dire, imputabile alla serie è da riscontrarsi nella semplicità di qualche episodio e nel suo discostarsi troppo dal climax del fumetto. Ma nella sua identità la serie di Flash ebbe un’anima unica, difficilmente paragonabile ad altri telefilm. Flash si ritagliò, a suo modo, una nutrita fetta nel panorama dei telefilm degli anni ’90, convogliando in sé il gusto per il passato e lo sguardo al futuro, verso quel Duemila che sarebbe giunto dopo dieci anni. Flash, purtroppo, non ebbe la fortuna di poter accompagnare i propri spettatori fino alla fine del secolo. La sua interruzione resta un grande rammarico: Flash fu una bella e malinconica “incompiuta”. L’eroe nel corso dell’intera serie fu sempre una “chimera” a cui i più scettici non credevano. Solo nell’ultimissimo episodio Flash si spoglierà del suo alone di mistero. I cittadini di Central City realizzeranno un cartello e lo porranno dinanzi all’entrata della città scrivendo: “Benvenuti a Central City, la casa di Flash”. E sarà lo stesso velocista scarlatto a roteare vorticosamente attorno a quella insegna. Una sorta di congedo nei confronti dei tanti fan della serie, che per un’ultima volta ancora potranno rimirare quella benevola lunga scia rossa.