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"Il comandante Ramius" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

In una base submarina situata nel profondo nord dell’Unione Sovietica, molte navi avevano già lasciato gli ormeggi. L’alba non era ancora giunta, e le acque quiete lambivano le superfici ferrose delle chiatte da rimorchio. L’algido vento dell’imbrunire persisteva ancora, sebbene il sorgere di un nuovo dì fosse imminente. La brezza carezzava, con i suoi aliti frigidi, i volti dei mattinieri. Due uomini, racchiusi in una divisa nera, osservavano il malinconico paesaggio invernale dalla “plancia esterna” di un sottomarino nucleare della classe Typhoon, denominato Ottobre Rosso.

Fa freddo questa mattina, capitano” – disse confidenzialmente l’ufficiale. “Freddo!” – mormorò, annuendo, Ramius, il comandante dell’Ottobre Rosso. Questi, uomo d’origine lituana dalla barba bianca e leggermente incolta, se ne stava, tutto assorto tra i suoi pensieri, a scrutare l’orizzonte con aria saggia e un atteggiamento riflessivo. Il clima era pungente, ed i monti che si stagliavano all’orizzonte, sulla terraferma, oltre i fluttui salati, erano del tutto innevati. Il comandante seguitava a guardare i movimenti delle onde, ad ascoltare il laconico parlato di quel mare che, per anni, fu la sua unica residenza. D’un tratto, le navi rumoreggiarono più volte, ed il segnale fu colto dagli ufficiali. “E’ il momento, comandante”. Consapevole del significato di quei richiami, questi concordò: “E’ tempo!”. Il “sommergibile”, poco dopo, iniziò la manovra d’immersione, scomparendo nell’oscurità degli abissi.

Comincia così “Caccia a Ottobre Rosso”, con una sequenza ambientata in un pallido mattino in cui domina una malinconia penombra.  L’Ottobre Rosso, intravisto in superficie nelle prime immagini del lungometraggio, è un sottomarino avveniristico e estremamente particolare, munito di un dispositivo di propulsione magnetoidrodinamica di nuova concezione, che permette di muoversi in acqua senza ricorrere a eliche o altro, e quindi in assoluta assenza di suoni o rumori. L’unità navale viene fatta partire con il preciso intento di verificare l’effettiva efficienza dell’innovativo mezzo propulsivo. L’intero equipaggio crede di dover portare a compimento tale missione ma, in realtà, tutta questa operazione farà da preludio ad un vero e proprio atto di diserzione da parte del comandante e di alcuni ufficiali suoi fedeli. Ramius si appresta, infatti, a condurre l’Ottobre Rosso verso le acque americane, volgendo le spalle alla Russia Sovietica.

Sin dal primo momento, Ramius si mostra come un uomo schivo, riservato, che fa del silenzio il principale ed eloquente atto comunicativo del proprio essere. Ramius è “tacito”, non parla più del dovuto, non emette alcun rumore di troppo come il sottomarino che egli comanda, inespressivo nel suo terrificante “passo” leggero. L’Ottobre Rosso è un sottomarino fantasma, non lascia alcuna traccia della propria presenza, non fa trapelare alcun frastuono. Esso è un mezzo navale impercettibile, invisibile, e sembra incarnare l’anima del suo “capitano”, un essere occulto, imperscrutabile. Ramius cela le sua angosce dietro la scorza di un uomo freddo e scaltro, nasconde i propri rimpianti dietro i suoi gesti cheti, le sue movenze felpate come l’Ottobre Rosso stesso, il quale non fa mai palesare alcuna avvisaglia del proprio sopraggiungere.

Ramius mira le gelide acque oceaniche dalla sommità dell’Ottobre Rosso, cosciente che le vedrà per un’ultima volta, per un’ultima missione. Egli ha trascorso gran parte della propria vita a bordo, in mare, smarrendo i propri affetti più cari sulla terra. Egli, pertanto, nutre un rapporto conflittuale con la grande distesa acquatica e con la sua stessa “madrepatria”, rea di averlo condannato ad una vita di stenti e sacrifici, costringendolo a combattere una guerra immaginaria tra gli oceani, senza battaglia, senza monumenti, con sole vittime.

Alle volte, il mare può essere inclemente. Esso separa, allontana, strappa via e divide le persone che, tra le correnti, smarriscono i propri corpi. Un’antica leggenda italiana, risalente al XV secolo, racconta la tragica storia d’amore di un pescatore ed una bella dama. La fanciulla venne rapita e uccisa da alcune sirene mentre l’uomo si trovava a largo, intento a compiere una battuta di pesca. Quando il marinaio fece ritorno sulle sponde con la sua imbarcazione di legno scoprì d’essere rimasto solo. Lontano, tra le onde, egli perdette il proprio amore. Disperato, il pescatore si irrigidì, la sua pelle si fece aspra come una pietra calcarea. Da allora, egli restò a terra, tra gli scogli, volgendo i suoi occhi rocciosi verso le acque salmastre, luogo in cui riposa in eterno lo spirito della sua innamorata. Il mito di Cristalda e Pizzomunno, appartenente alla cultura popolare pugliese, evoca il disperato addio di un uomo di mare alla sua adorata, rimasta ad attenderlo senza speranza sulla costa. Se Pizzomunno fosse rimasto sulla baita, se avesse saputo che le sirene, una volta affiorate dal fondo, avrebbero approfittato della sua lontananza, sarebbe riuscito a scongiurare la tragedia. Il dolore ed il senso di colpa ingiustificato tormentarono Pizzomunno, tanto da renderlo aspro ed inscalfibile. Anche il comandante Ramius sopportò il supplizio dell’addio quando, rimasto negli oceani sterminati, venne a sapere della caduta della sua amata sposa.

Ramius, similmente a Pizzomunno, dedicò gran parte della propria vita al mare ed in quei luoghi remoti rinunciò, suo malgrado, alla vita matrimoniale. Il comandante del sottomarino sovietico, come Ulisse, vagò per decenni e decenni tra i marosi. “L’ho resa vedova il giorno delle nozze.” bisbiglia Ramius durante una delle sue affermazioni più significative. “Mia moglie è morta mentre ero in mare, lo sa?” – seguita poi a sussurrare, affranto. La moglie di Ramius era, infatti, deceduta mentre l’uomo si trovava sott’acqua, lontano. Egli perdette la propria sposa in un attimo, non poté stringerla, restarle accanto, non poté averla mai davvero.

Ramius cercò disperatamente di tornare a casa, di raggiungere la propria sposa, ma ci riuscì di rado. No, non vi era alcuna forza sovrannaturale a osteggiare il suo ritorno, come invece accadde per Odisseo, costantemente fronteggiato da Poseidone. Per Ramius fu la guerra fredda, un conflitto strategico e instancabile, a trascinarlo giorno dopo giorno tra le correnti oceaniche, privandolo di una casa e di una stabile dimora. Ramius errò come un marinaio fedele. Nessuna sirena accecò i suoi desideri, nessuna maga Circe rubò mai il suo cuore. Ramius non raggiunse in tempo la sua Itaca, poiché la sua Penelope morì prima di concludere realmente la propria tela. La morte della moglie ha sul comandante dell’Ottobre Rosso un effetto devastante. Il gesto da traditore che perpetrerà si concilia, dunque, con un dramma personale e una convinzione, oramai, divenuta immutabile. Ramius sente d’essere stato a sua volta tradito e abbandonato dal proprio governo che ha usufruito delle sue abilità senza concedergli tregua alcuna.

Il mare è un regno smisurato, un reame senza confini in cui non vi si può avere alcuna appartenenza. I ricordi, gli amori, gli affetti permangono sulle rive, cullati dal lento mormorio della risacca. Nei fondali sabbiosi, oscuri, in quei luoghi in cui l’Ottobre Rosso si muove col suo incedere silenzioso, Ramius riflette ancora ed ancora, preparando il suo piano di diserzione, il suo commiato colmo di ribellione verso l’Unione Sovietica. Ramius vuole riottenere la libertà con l’asilo politico per sé e per i propri ufficiali. Confessa che gli manca la letizia di quando era giovane e spensierato, quando si recava in mare per puro diletto, per pescare, e non per celarsi nel buio degli alvei oceanici per rischiose missioni segrete. L’insubordinazione di Ramius occulta il grido di libertà di un uomo che, perdendo l’amore della sua esistenza, si rende conto di aver forse sprecato i giorni più belli della propria vita, prestando servizio per una guerra infausta e senza onore. Ramius fa, dunque, rotta verso le coste degli Stati Uniti d’America.

Gli spostamenti dell’Ottobre Rosso vengono costantemente tenuti sotto controllo dal Ministero della Difesa degli Stati Uniti, il quale teme che l’unità possa sferrare un attacco contro lo Stato. Prima di salpare, il comandante aveva comunicato all’Ammiraglio Juri Padorin, tramite lettera, la sua intenzione di disertare, e adesso l’intera flotta del Nord è alla ricerca del sottomarino con l’ordine di localizzarlo e affondarlo. Un’azione simbolica, quella adempiuta dal comandante, che, palesando le proprie intenzioni, decreta l’inizio della partita a scacchi che lo vede contrapposto alla Russia e alla stessa America. Su tale scacchiera, cullata dalle correnti, Ramius ed il suo Ottobre Rosso avanzano come pedoni, pronti a dare lo Scacco Matto. L’Unione Sovietica non vuole per nulla al mondo svelare i propri segreti tecnologici al nemico di sempre, mentre la commissione di sicurezza americana sostiene che Ramius sia impazzito e Mosca stia solo tentando di scongiurare che il comandante lanci i suoi missili alla volta della nazione. Ramius si trova così a dover far fronte agli attacchi sovietici e a quelli degli Stati Uniti. Il comandante dimostrerà la sua impareggiabile abilità tattica, sventando tutte la manovre offensive avversarie, riuscendo, infine, a condurre l’Ottobre Rosso presso la foce di un fiume, al riparo dei satelliti spia sovietici.

Caccia a Ottobre Rosso” è un avvincente thriller fantapolitico, che trae la sua forza dallo strumento narrativo rappresentato dalla suspense e dalla sapiente caratterizzazione dei singoli personaggi. Svettano, su tutti, il sempre ottimo Sam Neill nei panni del nobile e leale capitano Borodin e il convincente Alec Baldwin, interprete di Jack Ryan, unico personaggio ad intuire le intenzioni del protagonista. Il comandante, figura estremamente complessa e intrigante, magistralmente interpretato da un intramontabile Sean Connery, costituisce il cuore dell’opera filmica. Il suo desiderio di fuga, di evasione, di pace viene esternato dal dolore dei suoi ricordi repleti di rammarico, e dalla grande fuga del sottomarino da lui comandato. Ramius è un navigatore che vuole attraccare e raggiungere la terraferma una volta per tutte.

L’Ulisse lituano non riabbraccerà più la sua Penelope, ma avrà ancora una vita da vivere nel ricordo di un amore intramontabile. Ramius anela, inoltre, a lasciare il mare, a lambire definitivamente il suolo, a baciare le spiagge al termine di una lunga traversata come fece Cristoforo Colombo quando raggiunse l’America, scambiandola, erroneamente, per le Indie. Non è un caso che il protagonista del film, proprio sul finale, citi il grande capitano delle tre caravelle. Ramius, onorando Colombo, dirà: “E il mare concederà a ogni uomo nuove speranze, come il sonno porta i sogni”. Le prossime speranze di Ramius si protrarranno in America, il nuovo continente scoperto proprio da un marinaio.

Autore: Emilio Giordano      

Redazione: CineHunters 

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