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"Flash" - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters

Barry Allen è un tipo estremamente sensibile. Non ha molti amici, è da sempre innamorato di una bella ragazza, Iris West, anche se non riesce a dichiararsi. Trascorre le sue frenetiche giornate tra casa e ufficio, esce sporadicamente, per lo più quando deve risolvere qualche situazione intricata e combattere il crimine nei panni di Flash, il suo eroico e scarlatto alter-ego.

Barry è legatissimo ai suoi genitori, o perlomeno all’idea e al ricordo che possiede di essi. La madre è infatti scomparsa da tanti anni e il padre, beh, si trova in un posto in cui Barry può recarsi alquanto raramente.

Come dicevo, Barry è molto sensibile e manifesta quotidianamente questo aspetto del suo carattere, soprattutto sul luogo di lavoro nel quale, neanche a dirlo, è l’ultima ruota del carro e non viene minimamente apprezzato dai superiori per il suo impegno né tantomeno per la sua dedizione. Tutt'altro.  Egli viene criticato aspramente per il suo essere cronicamente in ritardo e deriso ancor di più per la sua lentezza, per il suo dedicarsi con uno scrupolo eccessivo ad analizzare le tracce e le prove dei tanti casi che arrivano sulla sua scrivania e presso il suo laboratorio forense. Barry sa di avere a che fare con la vita delle persone e proprio per questo non prende le cose alla leggera come altri suoi colleghi; in un mondo approssimativo e menefreghista Barry si sente come un pesce fuor d'acqua

Barry ha patito una tragedia personale che lo ha reso, in parte, ciò che è. Sua madre è stata assassinata quando era solamente un bambino e suo padre è stato accusato e condannato per un omicidio che non ha commesso. Egli è conscio dell'innocenza del padre, ed è fermamente convinto che il sistema giudiziario non funzioni a dovere. 

Come ogni eroe che si rispetti Barry spera di poter cambiare le cose, di modificarle per renderle migliori. Un giorno Barry scopre che i poteri di cui dispone gli permettono di viaggiare attraverso le epoche. Il guardiano di Central City intuisce così di avere la facoltà di mutare realmente il passato e di poter salvare colei che ama più di ogni altra cosa: la sua mamma. Dunque Barry inizia a correre, come mai aveva fatto fino ad allora. Attorno a lui, oltre la “bolla” che cintura la sua cavalcata, l’eroe vede tutta una sequela di immagini, di reminiscenze, schegge screziate, scaglie poco nitide della sua vita trascorsa. Si tuffa a capofitto in una di esse e torna indietro nel tempo, impedendo la morte di sua madre. Poco dopo, Barry riprende il suo incedere superveloce per fare ritorno al futuro, ma, senza alcun preavviso, viene attaccato da un altro velocista che lo scaraventa in una linea temporale alternativa. In questa nuova time-line Barry incontra un altro sé stesso, giovane e scanzonato.

Il viaggio dell’eroe è appena cominciato.

Il film "The Flash" è interamente strutturato sul valore e sul significato di un viaggio unico e irripetibile. Il percorso di questo velocista che galoppa a ritroso nel tempo per cambiare lo svolgersi degli eventi e dunque evitare la tragedia personale si trasforma in una peripezia catartica, in un'odissea purificatrice necessaria per attenuare la sofferenza che pulsa nel suo animo ed accettare ciò che è stato e che non può essere alterato. I poteri di Flash gli permettono di guarire rapidamente dalle ferite del corpo, ma non possono nulla per quelle del cuore. Ecco che la corsa di Flash, a zonzo fra le “ere” del suo avvenuto, si configura come una peregrinazione che conduce verso l'elaborazione del lutto

Nel suo itinerario incerto, caotico e incalzante, Barry incontra un Bruce Wayne anziano, stanco e solo. Il giovane e il vecchio, entrambi segnati da una perdita in tenera età, hanno modo di relazionarsi, di confrontare il rispettivo vissuto. Bruce porta ancora i segni del suo tormento, essi lo hanno marchiato nel profondo, come una cicatrice celata sottopelle. Per gran parte della sua vita, Bruce ha protetto la città di Gotham portando sul petto il simbolo del pipistrello. Fu per lui un modo per affrontare il dolore, per seppellirlo, per nasconderlo sotto lo strato di una maschera scura.

Col passare degli anni, Bruce sembra aver fatto pace con i suoi rimpianti, con le sue angosce e i suoi rammarichi, riconoscendo che essi lo hanno reso Batman. Senza la perdita dei suoi genitori, senza quel cordoglio subito, Bruce non saprebbe dire chi è in realtà.

Per Barry, invece, la ferita che gli è stata inferta dalla perdita della madre gronda ancora sangue e solo al raggiungimento della meta, al culmine del viaggio essa si cicatrizzerà del tutto. 

L’anziano Bruce, tuttavia, appare rassegnato, logorato, sfibrato da un’esistenza di solitudine. Gotham City è ormai una città sicura e lui non ha più alcun incentivo per rimettere l’armatura, per sentirsi nuovamente vivo. 

Il carattere di Barry, la sua intraprendenza, il suo ardore, la sua voglia di battersi per un mondo che ama e che vuole salvare - il mondo in cui egli ha ritrovato la madre - contagiano quel Bruce demotivato, misantropico, che non possiede più alcun impeto, alcuna ragione per battersi. Bruce torna così ad indossare il suo costume, torna a lottare per merito di Barry, il quale restituisce al Crociato Incappucciato l’energia per esporsi fino a morire per un bene superiore. 

Il Batman di Michael Keaton così come appare in Batman - Il ritorno - Dipinto di Erminia A. Giordano per CineHunters. Potete leggere di più su "Batman Returns" cliccando qui.

In questo sentiero tortuoso che Barry intraprende fa la sua comparsa un altro personaggio, Kara, una fanciulla anch'essa rimasta sola, anch'essa abbandonata. Barry la vede e prova per lei un'immediata compassione. Kara è deperita, scheletrica, sembra del tutto priva di forze, è scavata in viso, smunta, come se la sua pelle non avesse mai ricevuto il caldo bacio del sole. Pur non conoscendola, Flash decide senza esitazioni di raccoglierla tra le braccia e di trarla in salvo. Ecco che la sensibilità di Barry affiora in tutta la sua grandezza. L'eroe di Central City non passa oltre, non va avanti per la sua strada, non ignora una sconosciuta bisognosa di aiuto, la porta con sé restituendole la libertà. È questo modo di comportarsi che rende Barry Allen un uomo diverso dagli altri, un uomo buono, un puro di cuore. Barry è dotato di un'estrema velocità che però non gli impedisce di arrestarsi, di indugiare, di soffermarsi per scorgere i bisognosi, per prestare soccorso ai più deboli, per notare coloro che sussurrano richieste di aiuto sommessamente.

Una volta esposta ai raggi solari, Kara rivelerà di essere Supergirl, l’unica sopravvissuta, insieme al cugino Kal-El, alla distruzione del pianeta Krypton.

Quando avrà la sua occasione, Supergirl ricambierà il favore ricevuto dal Velocista Scarlatto, accoglierà a sé il corpo stremato di Barry per condurlo fino alla volta celeste, oltre le nuvole, verso quel fulmine che gli restituirà i poteri.

Supergirl ritrova la propria vigoria in una giornata luminosa, venendo lambita dai bagliori del sole, Barry, invece, in una notte buia e tempestosa, venendo raggiunto da una saetta che scintilla nell’oscurità. Barry e Kara, due estranei, un terreste e una kryptoniana, si aiutano a vicenda, si sostengono, avvicinando i loro mondi, in un sottile e bellissimo messaggio che rimarca come il fare del bene generi sempre altro bene. 

"The Flash" ha avuto una genesi travagliata, una lavorazione che definire turbolenta sa d’eufemismo. La sceneggiatura è andata incontro a molteplici riscritture, rimaneggiamenti dell’ultimo minuto che hanno prodotto brutte conseguenze. Di fatto alcune cose nella storia non tornano: ad esempio perché Barry non cerca di scoprire chi è l’assassino di sua madre?

La pellicola stessa, a causa di problematiche esterne, ha rischiato di non vedere mai la luce. Il lungometraggio ha risentito di tutte queste difficoltà nonché di una post-produzione che è stata interrotta bruscamente prima che venisse revisionata e sistemata a dovere tutta la CGI, di conseguenza esso alterna parti visivamente bellissime ad altre con effetti posticci; eppure, nonostante la mole di tali difetti, è risultata ai miei occhi un’opera entusiasmante, con un’anima e un cuore che batte all’impazzata, farcita di sentimenti vividi, ben delineati, che mi hanno raggiunto fino in fondo.

Michael Keaton catalizza l’attenzione degli spettatori col suo Batman navigato, e le sue scene di lotta sono una goduria visiva. Sasha Calle si distingue come una Supergirl efficace, caratterialmente intrepida, furiosa, indomita, generosa ed esteticamente attraente, formosa, dal fascino talmente prorompente da riempire lo schermo. Kara porta con fierezza l’emblema della casa degli El e rammenta con malinconia il suo pianeta natale e la bontà del suo popolo che viveva di speranza. Ella decide di fronteggiare gli invasori kryptoniani guidati dal Generale Zod perché essi rappresentano un’anomalia del suo mondo, essendo fautori di guerra, portatori di annientamento, di paura, di sconforto e disperazione, tutto ciò che è opposto alla speranza.

Ma l’essenza di “The Flash” è da ricercarsi nel suo attore principale, il controverso Ezra Miller, che offre una performance notevole in un doppio ruolo così ben recitato da indurre l’impressione che i due Barry Allen, il più spensierato e giocherellone e il più maturo e temprato, siano interpretati da due attori diversi. Miller riesce a trasmettere dozzine di emozioni e di stati d’animo contrastanti: gioia, rabbia, tristezza, inquietudine, timidezza, paura, acquiescenza, afflizione, impavidità. Veramente stupefacente. Le scene che coinvolgono Miller e Maribel Verdú, l’interprete di Nora Allen, sono incredibilmente autentiche, paiono avvolte da un’aura struggente, da un’atmosfera dolcissima, mesta, che travalica la cornice circoscritta della cinepresa.

Il regista Andy Muschietti pone sotto la lente di un microscopio il carattere, lo spirito, la sfera emotiva che alberga nell’intimità del protagonista, indagandola, scandagliandola, portandola a galla in tutta la sua commovente vulnerabilità. Barry Allen è un ragazzo a cui è stata strappata l’infanzia, l’innocenza, e che cerca di rendere tangibile un sogno; Barry si illude di poter riottenere una vita che non ha mai avuto, per poi arrendersi. Ed è in questa resa che egli diviene un uomo, un vero eroe.

Nei giorni in cui si confronta con il suo doppione - quel Barry immaturo, spontaneo, sereno – il personaggio cardine del film prova una serie di sensazioni contrastanti: da un lato sembra ammirare quella versione di sé cresciuta nell’affetto, nella vicinanza, nell’amore di una madre che lui ha smarrito troppo presto, dall’altro lato pare invidiarla, biasimarla tanto da infuriarsi per quella leggerezza che percepisce e che lo irrita; Barry non ha più provato quella stessa tranquillità, quella medesima felicità che evince nel suo doppelganger, gli è stata negata e crede che essa venga data per scontata dalla sua controparte.

Rapportandosi con quell’adolescente è come se Barry vedesse un riflesso allo specchio di sé che non riesce a discernere completamente; egli mira una versione di come sarebbe potuto essere, di come avrebbe potuto sentirsi, di come avrebbe potuto vivere se non avesse passato qualcosa di tanto brutto. Il legame che si crea con quel Barry ancora fanciullo permette a Flash di maturare, di progredire, di capire quello che è giusto fare: lasciarsi il passato alle spalle e, con le lacrime agli occhi, correre verso un domani che potrà portare con sé nuovi sorrisi.

La fragilità di questo Flash costituisce l’elemento più interessante dell’affresco supereroico di Muschietti. Barry è un personaggio verso cui si prova dispiacere, comprensione, pietà, e infine una nota di sincera ammirazione.

The Flash” è una pellicola talvolta ispirata e adrenalinica, talvolta goffa e disordinata, ma sempre permeata da un alone di sentimenti genuini. “The Flash” mi ha riportato alla mente il motivo per cui leggevo i fumetti da bambino e perché ho continuato a collezionarli, crescendo. Questo adattamento cinematografico, infatti, come quegli albi che escono a cadenza mensile è colorato, fantasioso, “matto”, ironico e toccante, ha un’estetica a tratti sbalorditiva a tratti marcatamente imperfetta esattamente come quei fumetti che hanno tavole tratteggiate con minuziosità e altri segmenti disegnati in maniera sbrigativa e dozzinale per poter rispettare le scadenze editoriali.

In “The Flash” tutto è possibile e tutto può accadere, è la magia dei comics presa a piene mani e trasposta al cinema in tutta la sua meraviglia e assurdità. Penso, a tal proposito, alla sequenza del salvataggio dei bambini, esagerata, improbabilissima, folle, montata con una tale stravaganza da avermi fatto esclamare un divertito “Ma cosa?”, e penso, altresì, al momento in cui Flash corre sull’asfalto, colmo di rabbia, di tristezza, accelera per poi superare la velocità della luce e, circondato da un globo protettivo, viene accerchiato dai grovigli del passato che collassano tra loro come figure sfocate, distorte, un’eco di ciò che sono state, consumandosi, disfacendosi in polvere e finendo nella sabbia del tempo che egli calca con i suoi passi come se si trovasse nel bulbo di vetro di una clessidra; una situazione che mi ha fatto urlare un sonoro “WOW”.

“The Flash” è un film che è stato in grado di emozionarmi, di farmi sorridere, perfino di farmi spuntare una lacrima, in special modo nel finale, in quella scena meravigliosa in cui Barry riceve l'ultimo abbraccio dalla sua mamma, prima di lasciarla andare verso una fine che neppure un supereroe come lui può evitare.

Superman, devastato dalla morte di Lois Lane, viaggia indietro nel tempo. Potete leggere di più sul film cliccando qui.

Tutti quei poteri… E non sono riuscito a salvarla” recitava, vinto dallo sconforto, Superman mentre reggeva il corpo senza vita della sua amata Lois Lane nell’indimenticabile film del 1978.

Clark non resisterà a quella sofferenza, non riuscirà a sopportarla. Il dio si “macchierà” del peccato dell’uomo, l’egoismo dettato dall’amore. Superman emetterà un grido spaventoso, volerà alto nel cielo e interromperà il movimento della Terra, mandando indietro le lancette dell’orologio che regolano il susseguirsi del tempo per salvare la donna che ama con tutto sé stesso. La voce del padre di Superman, Jor-El, echeggiando dall’ignoto, ammonirà il figlio: “Ti è proibito interferire col destino degli uomini…” ma l’ultimo discendente di Krypton non darà ascolto, agirà istintivamente, come un terrestre mosso da sentimenti spiccatamente umani.

Anche Flash, sul finire delle vicende, rincontrando sua madre, avrà forse pensato ad una frase molto simile a quella che Christopher Reeve pronunciò tanti anni fa: tutti quei poteri, la velocità, la possibilità di oltrepassare la materia, di valicare i limiti delle epoche, dei secoli, dei decenni, e non poter far nulla per proteggere l’unica persona che vorrebbe mantenere in vita.

Flash ha varcato i confini del tempo ma ha solamente peggiorato le cose. La morte di Nora è una intersezione ineluttabile che una volta manipolata innesca una catastrofe. Flash non può fare ciò che era riuscito al Superman di Reeve. Nel suo mondo, Barry deve smettere di fronteggiare, di respingere, di contrastare un destino già scritto. L’eroe deve assecondare il suo passato per tornare al suo presente. Barry comprende pertanto che l’unico avversario da sconfiggere è lui stesso, il supplizio che lo attanaglia. Non è un caso, infatti, che il vero nemico di Flash in questa disavventura non sia il Generale Zod, una minaccia causata da un paradosso temporale, bensì proprio una versione dello stesso protagonista alternativa, oscura, diabolica, consumata da anni e anni di prove, di tentativi, di sforzi per cercare di manomettere l’ordine delle cose, il corretto fluire degli accadimenti. Il Dark Flash ha il corpo fuso nella “pietra”, nelle miriadi di scaglie kryptoniane che lo hanno trafitto battaglia dopo battaglia, senza mai ucciderlo, senza mai bloccare il suo moto. Questo velocista è un macabro ritratto di un eroe trasformatosi in un antagonista, un uomo consumato dalla sua ossessione autodistruttiva, deformato da una lunga serie di disfatte in un conflitto con il destino sul quale non potrà mai imporsi.

Il vero Barry, infine, ammette la sconfitta inflittagli dal caso, dalla fatalità, dalla sorte ingiusta, crudele, e pone fine alla sua corsa riprendendo fiato e provando un’ultima nota di sollievo fra le braccia di sua madre, osservata, ascoltata, sfiorata per un ultimo giorno. In tale frangente Barry compie forse un gesto ancor più valoroso, arduo, di quello portato a termine dall’Uomo d’Acciaio nel ‘78: sceglie volutamente di non salvare la donna che ama. Per il bene degli altri, le bisbiglia un addio mascherato con un “ciao” e scompare nel nulla. Quanto coraggio ci vuole a lasciare andare?

Flash effettua uno dei più grandi atti eroici non salvando una vita, la più cara per lui. Un che di incredibilmente drammatico.

Nora Allen avvicina così la mano alla gota di Barry, che sfrutta i suoi poteri per rallentare lo scorrere dei secondi e aumentare la durata di quel bellissimo intervallo, in cui non esiste null’altro che l’affetto tra un figlio e sua madre.

Il dolore dell'addio, dell’inevitabile distacco tra Barry e Nora viene attenuato da una carezza confortevole, che dura un istante soltanto, un singolo lampo che Flash, grazie ai suoi poteri, può assaporare più a lungo di un comune mortale, trattenendosi in quel flebile momento che sembra fermarsi e protrarsi in eterno ma che, purtroppo, svanisce come tutte le cose che il tempo, inesorabile, trascina via.  Eppure, quella frazione di secondo è rimasta incastonata nel ricordo, nelle memorie del protagonista, come un istante che si replica all’infinito.

Nel lungometraggio "Capitan Harlock", adattamento dell'omonimo manga e anime, il pirata dello spazio pronuncia una frase che recita: "Un istante ripetuto nel tempo diventa eterno..." 

Barry sa che da qualche parte, fra i fitti e intersecanti nodi del tempo, sua madre sarà sempre viva.

In quella sequenza commovente, in quell’attimo in cui Barry ha avvicinato il suo volto alla mano della mamma, egli ha vissuto un istante ripetuto nel tempo, che è divenuto concretamente eterno nel suo cuore. Laggiù quella carezza vivrà per sempre, come un frammento immortale o delle frasi soavi ripetute all’unisono per tutti i secoli e secoli a venire: 

- Ti voglio bene.

- Ti voglio bene anch'io. 

- Io te ne voglio di più.

- Io ho cominciato prima... 

Autore: Emilio Giordano

Redazione: CineHunters

Potete leggere di più su Capitan Harlock cliccando nei seguenti link:

Capitan Harlock – Ai confini delle stelle

CAPITAN HARLOCK – L’uomo nell’anime, la leggenda nel cinema

Per quanto concerne l'universo del Batman di Tim Burton potrebbe interessarvi la lettura "L'arte come ritratto della follia - Il Joker di Jack Nicholson.

Infine, potete approfondire ancora di più il personaggio di Flash in questo articolo: Mitologia Greca e Supereroi – Flash, l’Ermes scarlatto

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